rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

LE OFFICINE DI VULCANO

Il mondo torna in fabbrica, in fonderia e in cantiere

L’entusiasmo per l’intelligenza artificiale lascia il posto ai dubbi, se non allo scetticismo. Dov’è l’AGI, l’artificial general intelligence paragonabile a quella umana, che due anni fa ci era stata promessa per il 2025? Dove i sono i ricavi per le società del settore, che continuano a spendere centinaia di miliardi di dollari ogni anno in ricerca e data center e non ne incassano che un terzo?

L’entusiasmo per l’intelligenza artificiale lascia il posto ai dubbi, se non allo scetticismo. Dov’è l’AGI, l’artificial general intelligence paragonabile a quella umana, che due anni fa ci era stata promessa per il 2025? Dove i sono i ricavi per le società del settore, che continuano a spendere centinaia di miliardi di dollari ogni anno in ricerca e data center e non ne incassano che un terzo?

Naturalmente i governi spingono ancora il comparto, per le sue applicazioni militari e perché non si può restare indietro rispetto agli avversari o ai concorrenti geopolitici. L’attenzione, però, si è ora estesa, anche da parte dei mercati, al cuore tradizionale del manifatturiero, l’industria pesante. Trump ha creato un ufficio nella Casa Bianca dedicato alla rinascita della cantieristica, perché l’America produce un centesimo delle navi che produce la Cina. Alluminio e acciaio sono, insieme a farmaceutica e semiconduttori, al centro dei rialzi dei dazi di settore in preparazione. L’Europa, dal canto suo, supera due tabù in una volta sola (quello dell’ortodossia fiscale e quello geopolitico della Germania che può mantenere solo un esercito simbolico dopo i disastri del secolo scorso) e decide il rilancio massiccio delle spese militari. La Cina, dal canto suo, annuncia un aumento del 7.2 per cento delle spese per la difesa per il 2025, superiore a quello del Pil, programmato per crescere del 5 per cento.

Non c’è solo l’industria pesante. Trump sogna una reindustrializzazione generale dell’America e a questo finalizza la svalutazione del dollaro, il contenimento dei tassi d’interesse a lungo termine, il protezionismo, il trasferimento in America dell’industria taiwanese dei semiconduttori, l’invito ai partner commerciali ad aprire fabbriche in America. L’Europa, oltre ai programmi di riarmo, prepara a livello unionale piani sull’innovazione, mentre la Germania lancia un piano decennale per le infrastrutture. La Cina, che vuole comunque mantenere il suo status di hub manifatturiero del mondo e estendere il suo primato a tutti i settori industriali, aggiunge un rilancio consistente dei consumi interni.

Il protezionismo di Trump aveva destato grandi preoccupazioni per il suo possibile carattere inflazionistico e recessivo su scala globale. Sull’inflazione il dibattito è ancora aperto, ma se ci sarà, come probabile, una sua riaccelerazione, non sarà per effetto dei dazi in sé, ma per le risposte fiscali ultra espansive che il resto del mondo sta decidendo di dare. Quanto ai presunti effetti recessivi, il risultato netto del tentativo americano di contenere il disavanzo federale da una parte, e delle misure europee e cinesi dall’altra non sarà a somma negativa ma, al contrario, decisamente positiva.

In pratica il mondo ha preparato e fatto partire di gran carriera ampie, lunghe, strutturali e irreversibili risposte fiscali di fronte a due minacce trumpiane, i dazi e il ritiro militare dall’Europa, che non si sa se si concretizzeranno davvero e in che misura. Il tempo è variabile, ma io mi vesto comunque con impermeabile, ombrello, stivaloni. A quel punto, Trump faccia quello che vuole (che è esattamente l’atteggiamento della Cina in questo momento).

Questo tipo di risposta ha tante cause e il principio di precauzione è certamente una di queste. Si intravvede però anche la cifra del nuovo lungo ciclo apertosi con questo decennio, quella del passare da un’emergenza all’altra con fasi di intervallo non molto lunghe. L’emergenza, che sia il Covid o il riarmo, giustifica le risposte monetarie e fiscali. L’inflazione, se ci sarà, verrà minimizzata da banche centrali in sintonia con il clima emergenziale. Il debito generato da questa risposta verrà gestito in un secondo tempo e smaltito con l’inflazione o, se necessario, acquistato dalle banche centrali.

Il Covid ci ricorda quanto questo quadro possa essere positivo per le borse e per le materie prime e come vada affrontato con prudenza sulla parte obbligazionaria, privilegiando i titoli indicizzati all’inflazione (che sono comunque esposti a eventuali rialzi dei tassi reali). Meglio ancora, finché i rendimenti sono buoni, restare sulla parte breve della curva. Nel 2021 il mercato obbligazionario tardò a capire la portata delle politiche espansive, questa volta è stato invece molto veloce nella sua reazione.

Quanto alle borse, meglio approfittare della correzione della borsa americana o partecipare al vertiginoso rialzo di quelle europee e cinesi? A un intervistatore che gli ha chiesto nei giorni scorsi se fosse il caso di passare dall’America all’Europa, Mohammed El-Erian ha risposto di no, argomentando che l’Europa manca di quei temi di fondo convincenti, soprattutto sulla frontiera dell’innovazione, necessari per un investitore che guarda al lungo termine. È una tesi interessante, alla quale potremmo aggiungere una riflessione sul modello europeo di scegliere dall’alto i campioni dell’innovazione su cui puntare, scegliendoli magari sbagliati, come mostra l’esperienza di Northvolt. La Cina, diversamente dall’Europa, non sovvenziona direttamente un’impresa scelta a tavolino, ma finanzia tutti quelli che si vogliono cimentare in un nuovo settore e lascia che dalla loro concorrenza emerga un campione altamente competitivo.

Detto questo, la portata degli stimoli, che in Germania equivalgono a due punti di Pil all’anno per dieci anni, ha una portata tale da superare ogni obiezione. Per quest’anno, inoltre, gli stimoli europei coincidono con una complessa fase di ristrutturazione dell’economia americana, chiamata a sgonfiare il settore pubblico che ne ha stimolato lo sviluppo negli anni di Biden e a sostituirne la spinta propulsiva con il settore privato.

Intendiamoci, parlare di recessione negli Stati Uniti è, sulla base dei dati disponibili, decisamente fuori luogo. C’è però, in una situazione molto fluida, un calo della crescita di un punto percentuale rispetto all’anno scorso, proprio mentre la Cina conferma il 5 per cento del 2024 anche per quest’anno e l’Europa si avvia a un deciso miglioramento.

Inoltre, non esiste solo la frontiera dell’innovazione. Esistono settori tradizionali che in presenza di una domanda aggiuntiva non possono che avere benefici nonché settori, come quello legato al riarmo, che sono particolarmente suscettibili di evoluzione tecnologica. Gli armamenti sono del resto da sempre un contributore importante all’export europeo e il loro ruolo in un mondo instabile non potrà che crescere.

Ultimi Numeri

27 Marzo 2025
20 Marzo 2025
14 Marzo 2025
27 Febbraio 2025
Al Quarto Piano con Alessandro Fagnoli


ARCHIVIO

2025

Alessandro Fugnoli

IL NUOVO
MAGAZINE DIGITALE DI KAIROS
E’ ONLINE