Il Rosso e il Nero (logo)
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

ELDORADO E/O INCENERITORE

Il dibattito sull’AI e le conseguenze per i mercati

Le stampanti 3D, ve le ricordate? Dovevano essere la rivoluzione del manifatturiero, l’annuncio di un’era di abbondanza senza limiti di beni materiali e, come ebbe a dire Larry Summers, un rischio fatale per milioni di posti di lavoro nell’industria. Tra il 2013 e il 2014 furono oggetto di grande attenzione mediatica, mentre le borse portarono alle stelle le quotazioni di Stratasys e di 3D Systems.

Le stampanti 3D, ve le ricordate? Dovevano essere la rivoluzione del manifatturiero, l’annuncio di un’era di abbondanza senza limiti di beni materiali e, come ebbe a dire Larry Summers, un rischio fatale per milioni di posti di lavoro nell’industria. Tra il 2013 e il 2014 furono oggetto di grande attenzione mediatica, mentre le borse portarono alle stelle le quotazioni di Stratasys e di 3D Systems.


Oggi le stampanti 3D in giro per il mondo sono due milioni. Non si sono diffuse come si era pensato ma hanno comunque trovato un ruolo apprezzato in alcune nicchie produttive. Nel frattempo, però, Stratasys è passata dai 140 dollari del 2014 ai 10 di oggi, mentre 3D Systems è scesa da 98 a 3.
E la carne artificiale ce la ricordiamo? Dovremmo proprio, perché è ancora più recente. Correva l’anno 2019 e Bill Gates, Di Caprio e Oprah ci dicevano che avrebbe rivoluzionato l’agricoltura e l’alimentazione, salvando l’ambiente e spalancando la porta a un mondo di proteine nobili a basso prezzo in grado di sfamare l’umanità di oggi e di domani. Da allora, il tema ha incontrato ostacoli importanti. Ne sono state messe in discussione l’economicità, la salubrità e l’attrattività per il pubblico. La protagonista del settore, Beyond Meat, dopo essere salita nel 2019 da 25 a 234 dollari, viene oggi scambiata a 1.30.
Come emerge da questi due esempi, le ondate di euforia legate alle nuove tecnologie vanno presto o tardi incontro a vari ordini di problemi. Il primo è che va verificata la loro effettiva utilità e applicabilità. Il secondo riguarda la loro economicità. Il terzo è che, una volta confermate l’applicabilità e l’economicità, va verificata l’adeguatezza della valutazione di borsa rispetto ai fondamentali.
Per l’AI il dibattito in corso coinvolge tutti e tre questi piani.
Sul piano tecnologico, si allunga ogni giorno la lista degli scienziati e tecnologi che mettono in discussione l’AI generativa come strada verso l’intelligenza generale (AGI). Da Gary Marcus a Vishal Misra, Richard Sutton, Tom Villani e molti altri che operano dall’interno di quel mondo ci viene detto che la generativa, che è solo un ramo dell’AI, crescerà ancora ma è comunque su un binario morto sulla strada verso l’AGI e porta però via soldi e attenzione ad altri rami che potrebbero essere più fecondi. Altri, come Hassabis, Musk e lo stesso Altman dicono che l’AGI, che due anni fa si diceva sarebbe stata già raggiunta oggi, non arriverà prima di 5-10 anni.
Sul piano dell’economicità si fa notare che un’industria che spende 400 miliardi l’anno in investimenti e ne incassa 30 non è sostenibile a lungo anche se è sussidiata dai flussi di cassa positivi dei settori più tradizionali dell’IT. Chi accusa l’AI di essere un grande inceneritore di dollari sottolinea anche il fatto che molti di questi soldi finiscono in data center pieni di GPU che diventano obsolete dopo due-tre anni. Nadella di Microsoft ha poi osservato che esiste il rischio che le GPU ottenute a caro prezzo da Nvidia rischiano di rimanere inutilizzabili per mesi quando a valle esistono strozzature. I data center e le centrali a gas o nucleari necessarie per alimentarli non si costruiscono certo in pochi giorni.
C’è poi il rischio che in Cina, dove si cerca di supplire con l’ingegnosità alle sanzioni e ai minori capitali disponibili, si sviluppino tecnologie in grado di rendere più efficienti di vari ordini di grandezza il software e l’hardware dell’AI. Questo sarebbe un ottimo risultato a livello di sistema, ma costringerebbe a svalutare il capitale fisso investito finora.
Si risponde a queste obiezioni osservando che gli investimenti rallenteranno presto il loro ritmo di crescita, mentre i ricavi accelereranno in misura consistente. È probabile, ma non certo. In più, tra qui e allora, dovremo attraversare ancora una fase di flussi netti negativi che metterà a rischio i protagonisti più deboli. Non è un caso, del resto, che si cominci a parlare di ingresso di capitali pubblici o di veri e propri salvataggi di parti del settore. In tempi di politica industriale questo avverrà senz’altro, ma lo stato entrerà come socio a un prezzo che diluirà di molto gli azionisti attuali.
Il terzo ostacolo per la continuazione della fase euforica è quello delle valutazioni di borsa. Paradossalmente è quello meno preoccupante. A parte alcuni casi clamorosi, i multipli delle grandi del settore, pur alti, non sono folli. Attenzione, tuttavia. Sentiamo sempre più spesso dire che le valutazioni dell’AI non sono così alte come lo erano quelle di Internet nel 2000. Vero, ma non un buon motivo per non cominciare a essere prudenti
Un fattore aggiuntivo di freno all’euforia è dato dal carattere sistemico della bolla dell’AI. Nel caso delle stampanti 3D, della carne artificiale, delle biotecnologie e di altre bolle tecnologiche abbiamo visto effetti circoscritti e senza implicazioni macro. Questa volta l’impatto è ben visibile. Si sostiene da parte di alcuni che senza i data center l’economia americana sarebbe in stagnazione o recessione. La cosa è discutibile, perché in un quadro di ampia liquidità, se non ci fosse l’AI, i soldi sarebbero stati comunque investiti in altri settori. Resta però il rischio della mancata diversificazione. Si punta tutto su un settore solo e se questo non darà i risultati sperati ci saranno imprese da salvare e un diffuso effetto ricchezza negativo da bilanciare con tassi più bassi e Quantitative easing.
La fase che si è aperta dopo le trimestrali rappresenta il passaggio dall’euforia a una visione più critica ed equilibrata di tutto quello che ruota intorno all’AI. Questa fase, crediamo, durerà più a lungo di quella che abbiamo visto in gennaio dopo l’entrata in scena di DeepSeek. Il potenziale di ribasso sarà però limitato da potenti fattori positivi al contorno. Ci riferiamo alla tregua geoeconomica di un anno concordata tra Stati Uniti e Cina, che toglie dal tavolo la seria minaccia delle terre rare e dei dazi proibitivi. La tendenza al ribasso sui dazi, cui abbiamo dedicato la lettera della settimana scorsa, viene ora potenziata dall’attesa di una Corte Suprema che si esprimerà contro gli eccessi di autonomia dell’esecutivo a riguardo. I successi democratici nelle elezioni parziali dei giorni scorsi fanno poi pensare a un’amministrazione Trump che si dedicherà anima e corpo a stimolare la crescita prima del voto di medio termine del novembre prossimo.
La correzione che stiamo osservando nelle borse, nell’oro e nelle cripto sarà probabilmente meno virulenta delle classiche correzioni autunnali del passato. Sarà dunque meno tecnica e più strutturale.

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