
IL PROBLEMA DEI TRE CORPI
La formulazione del problema dei tre corpi è semplice: tre punti materiali si muovono nello spazio, sottoposti a mutua attrazione gravitazionale; fissate le loro condizioni iniziali, si tratta di determinarne il moto negli istanti successivi.
La formulazione del problema dei tre corpi è semplice: tre punti materiali si muovono nello spazio, sottoposti a mutua attrazione gravitazionale; fissate le loro condizioni iniziali, si tratta di determinarne il moto negli istanti successivi.
Su questo problema, che abbiamo citato nella elegante formulazione che ne dà l’Enciclopedia Treccani, hanno lavorato grandi fisici e matematici, tra cui Newton, Lagrange e Poincaré e a tutt’oggi non si è trovata una soluzione pienamente soddisfacente e definitiva. In pratica, per fare un esempio, tre corpi celesti vicini tra loro appaiono muoversi in modo caotico e quindi non predeterminabile. Ci sono anche implicazioni per la stabilità del nostro sistema solare, dal quale a un certo punto uno o più pianeti potrebbero cominciare ad allontanarsi, andando per la loro strada.
Questa caoticità, quantomeno apparente, la possiamo vedere nei rapporti reciproci che intercorrono tra le tre priorità geopolitiche ed esistenziali che si stanno dando le società umane da qualche tempo. Ci riferiamo alla lotta ai cambiamenti climatici, alla preparazione all’eventualità di una guerra e alla volontà di accelerare al massimo l’intelligenza artificiale.
Ognuna di queste priorità, come si conviene a una priorità esistenziale, è venuta assumendo, nella narrazione, connotazioni apocalittiche. La salvezza del pianeta e della vita, il rischio dell’olocausto nucleare e la transizione verso il postumano attraverso l’AI sono temi forti, appena un gradino al di sotto di quelli delle grandi narrazioni delle religioni storiche.
Quando la priorità è una sola, tutto ne viene ordinato. Quando sono tre e sono non negoziabili, si tende al caotico. Dal caos emergono configurazioni imprevedibili e interessanti.
Nel punto iniziale, a bocce ferme, le tre priorità appaiono incompatibili come il sasso, la mano e la forbice della morra cinese.
Il napalm in Vietnam. L’inverno nucleare. Anche usando carri armati elettrici e pallottole biodegradabili, la guerra devasta l’ambiente e può cambiare il clima di vari ordini di grandezza in più delle normali attività umane. Anche la preparazione alla guerra o la semplice deterrenza hanno conseguenze. Le deforestazioni operate nei secoli passati per costruire flotte da guerra ne sono un esempio.
L’AI, dal canto suo, con il suo enorme fabbisogno di acqua e di energia vanifica in un minuto anni di sforzi di borracce dell’acqua al posto dei bicchieri di plastica o di tappi attaccati alle bottiglie. Guardiamo con occhio severo chi usa una cannuccia di plastica, ma con occhio ammirato chi centuplica la sua impronta carbonica creando un video di orsetti e gattini con l’AI.
Quando però le bocce iniziano a muoversi, si creano configurazioni originali. È vero, oggi l’ideologia dei cambiamenti climatici è radicalmente contestata dall’anti-ideologia trumpiana di lotta attiva alle rinnovabili e di restaurazione del primato assoluto delle energie fossili, di cui l’America è straordinariamente ricca. La Cina, tuttavia, raccoglie la bandiera verde e conquista il dominio globale del mercato delle batterie, delle auto elettriche, dei pannelli solari e delle pale eoliche. Non lo fa, attenzione, in omaggio alla priorità ambientalista, ma in omaggio alla priorità strategica dell’autonomia energetica e della lotta per il primato nell’AI, a loro volta subordinate al primato della preparazione all’eventualità della guerra. Nemmeno ai cinesi piace respirare aria sporca, ma che la loro priorità non sia ambientale lo dimostra il fatto che, accanto alla spinta alle rinnovabili, ne stanno dando una altrettanto enorme al carbone, da cui oggi ricavano 700mila barili di petrolio al giorno e una grande varietà di prodotti petrolchimici.
La stessa Europa vive o si appresta a vivere una complessa riclassificazione delle sue priorità. La cornice formale della decarbonizzazione rimane intatta, ma viene in parte svuotata e in parte rimodulata. Merz si appresta a chiedere ufficialmente alla commissione europea il rinvio del divieto di vendita di auto non elettriche, oggi previsto per il 2035. In compenso oggi è ESG non solo il nucleare civile ma anche quello militare. Rimane peraltro intatta la spinta verso le rinnovabili.
Come l’araba fenice, le rinnovabili rinascono dalla cenere dell’ideologia millenarista e si riposizionano come umile, pratico e indispensabile strumento per la sovranità energetica e come condizione per lo sviluppo dell’AI nel tempo della guerra tiepida. Come nota Ishika Mookerjee su Bloomberg, dalla caduta del Liberation Day di aprile, i titoli delle energie pulite salgono in borsa del 50 per cento, più di tutti gli indici azionari e più dell’oro.
Il problema delle rinnovabili non nucleari è che più cresce il loro peso sulla rete elettrica, più questa diventa instabile per effetto dell’intermittenza di vento e sole. L’instabilità delle reti (come stiamo vedendo di nuovo in Spagna in questi giorni e come abbiamo visto i casi sempre più numerosi in giro per il mondo) porta al rischio di brownout, di blackout e anche di incendi.
L’AI è uno strumento utile per diminuire questi rischi bilanciando secondo per secondo la domanda e l’offerta di elettricità, ma è allo stesso tempo un vorace utilizzatore delle reti.
La quota di rinnovabili non nucleari (cui va sempre abbinato il backup di centrali a gas che devono intervenire quando non ci sono sole e vento) non può quindi andare oltre un certo livello. Da qui la conferma che il grande fabbisogno aggiuntivo di energia determinato dall’AI e dalla guerra tiepida renderà necessaria nei prossimi anni un’offerta ulteriore molto ampia di fossili e di nucleare. Con il Bacino Permiano al suo picco produttivo, con l’Arabia Saudita e il Brasile che si avvicinano al loro limite e con la Russia avviata a un lento declino strutturale, le carte dell’energia fossile si rimescolano. Il petrolio andrà quindi trovato riallineando all’Occidente Venezuela e Iran, mentre la Cina punterà sul torio. Alla fine l’energia non mancherà, ma sarà cara per chi non saprà muoversi per tempo.
Il complesso rapporto tra le tre priorità di cui abbiamo parlato e l’evoluzione instabile delle rispettive traiettorie dovrebbero incoraggiare a pensare in modo laterale e non lineare. Per il momento, tuttavia, prevale un pensiero inerziale, che nei mercati fa salire tutti i giorni il valore delle borse e dell’oro. La teoria alla base è quella del debasement, lo svilimento della moneta, collegato a sua volta alla debolezza dei governi e alla loro scarsa volontà di controllare le finanze pubbliche. È un tema centrale, sui cui sarà necessario ritornare. Nel frattempo si può restare inerzialmente investiti in azioni e oro, consapevoli che la privazione sensoriale di dati macro cui ci costringe lo shutdown americano non durerà a lungo e sarà presto seguita da una sovrabbondanza di dati, tutti da elaborare. E tenendo d’occhio il significativo nuovo irrigidimento cinese sulle terre rare, essenziali per i semiconduttori e per l’AI.
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Alessandro Fugnoli
Strategist
In Kairos da gennaio 2010, è Strategist e autore de “Il Rosso e il Nero”, newsletter finanziaria settimanale di strategia d’investimento.
Ha iniziato la sua carriera come Account Executive presso Merrill Lynch Milano; dal 1987 al 1989 ha lavorato per Gestnord Fondi come Direttore Investimenti e dal 1989 al 1994 per Caboto Group nella ricerca macro, strategica e quantitativa.
Nel 2001 ha ricoperto presso Abaxbank il ruolo di Head of Research and Investment Strategist.
Laurea in Filosofia presso l’Università Statale di Milano.