COME USCIRE DAL CIRCOLO VIZIOSO CREATO DALLA LIQUIDITA’

12 Febbraio 2020
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L’andamento dei mercati globali dall’inizio del 2020 è stato inevitabilmente condizionato dall’esplosione dei contagi di Coronavirus, una sindrome polmonare della stessa famiglia della SARS, che dal 20 gennaio in poi ha occupato stabilmente il flusso di notizie finanziarie e non, causando più di 900 morti e 40 mila contagi. La buona notizia è che il ratio a cui aumentano i contagi diminuisce giorno dopo giorno, il che sembra indicare che presto si registrerà il picco nella diffusione del virus. Il vero punto di domanda per i mercati, parlando di Coronavirus, riguarda non tanto i numeri del primo trimestre, che già ci si aspetta negativi, ma per quanto a lungo la domanda cinese rimarrà congelata per paura del contagio. I giorni precedenti allo scoppio della pandemia, il mercato europeo ha performato bene (ca. +2% YTD) guidato da IT, Utilities e settore Sanitario, mentre i peggiori contributori sono stati Auto, settore Chimico e Banche. Avanziamo rapidamente a metà febbraio e il mercato è tornato a essere a pochi basis point dai massimi, guidato sempre dagli stessi settori, con il recupero delle banche e un marcato peggioramento da parte dei settori Trasporti e Viaggi ed Energia.

Per quanto riguarda il FTSE Mib in particolare, il rialzo da inizio anno è stato importante (ca. 4,5% YTD) registrando la miglior performance tra i listini europei e attestandosi intorno alla resistenza storica dei 24.500 punti. I settori che hanno performato meglio sono stati le Utilities (ca. + 15% YTD), IT (ca. +12% YTD) e Beni Consumi (ca. +10% YTD), con a seguire settore Sanitario, Banche e Materiali, tutti in territorio positivo. Al contrario Telecomunicazioni (ca. -11% YTD), Energia (ca. -7% YTD) e Consumi Discrezionali (ca. -2% YTD) sono i tre settori che hanno performato peggio, a causa rispettivamente dei problemi specifici di Telecom Italia, del ribasso del prezzo del Petrolio dovuto al virus e all’esposizione alla domanda cinese dei brand di lusso. Analizzando invece il fattore capitalizzazione da inizio anno si nota la netta overperformance delle Large Cap vs Smal e Mid Cap, come dimostra la performance negativa YTD degli indici FTSE Italia Small Cap e FTSE Italia Mid Cap. Ciò rappresenta un ritorno al trend degli ultimi due anni che era stato solo momentaneamente interrotto negli ultimi mesi del 2019 grazie alle notizie incoraggianti sulla regolamentazione PIR (che rimane un catalyst positivo per il 2020).

Questo è principalmente dovuto alla rotazione dei flussi che escono dai fondi tradizionali ed entrano in ETF e fondi tematici. I fondi passivi hanno come requisito di investire in titoli estremamente liquidi escludendo così a priori la larga maggioranza delle società quotate all’infuori dal FTSE Mib e creando quindi un circolo vizioso che rende gli altri indici sempre più illiquidi. A questo si aggiunge l’attenzione maniacale e crescente verso i temi ESG che si traduce in investimenti in società con bilancio di sostenibilità e rating ESG di qualche agenzia internazionale specializzata. Queste prerogative hanno un costo piccolo per le grandi società, che infatti si sono già mosse in questa direzione, ma pesano ben di più sulle casse di società più piccole che si stanno interessando solo ora a pubblicizzare le proprie iniziative in termini di ambiente, sociale e governance. A livello di fondamentali però rimane la crescita che contraddistingue tante eccellenze tra le PMI italiane e che rappresenta un’opportunità per chi può permettersi di investire con un orizzonte lungo abbastanza (per esempio con i fondi Eltif) da aspettare la correzione di questa anomalia di mercato.

Con circa 1/3 delle società che hanno comunicato i risultati dell’ultimo quarto del 2019, si possono cominciare a tirare un po’ le somme di questa stagione di reporting. Come trend generale si sta delineando una buona percentuale di fattori positivi con gli analisti che probabilmente erano stati cauti nel rialzare le stime sui numeri che avevano tagliato in precedenza e che quindi stanno uscendo meglio delle aspettative. L’aspetto forse più inatteso è stato il buon andamento delle banche che hanno beneficiato del basso livello di spread per fare un’ottima performance di trading, ma che in qualche caso (come Intesa) sono riuscite inoltre a migliorare il margine netto d’interesse, ossia la parte degli utili di maggiore qualità, e ad aumentare la distribuzione verso gli investitori tramite dividendo e buy-back (come Unicredit).

Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.

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