Nel mese di febbraio tutti i principali indici azionari globali hanno conseguito performance positive: per il mercato italiano il Ftse Mib guadagna +6,4% (+8,2% YtD), lo Stoxx Europe 600 +2,5% (+4,1% YtD), l’S&P 500 +5,2% (+6,9% YtD) ed il Nasdaq +5,6% (+6,7% YtD) in valuta locale (total return).
Mentre scriviamo, è ancora in corso la reporting season relativa al quarto trimestre del 2023, nel corso della quale l’attenzione degli investitori è concentrata soprattutto sui messaggi prospettici che le società daranno sul 2024, con l’intento di assestare la tenuta della domanda da parte dei consumatori finali e la solidità dei margini aziendali, in un contesto macroeconomico ancora caratterizzato da incertezza.
A titolo esemplificativo, ricordiamo che finora la reazione dei titoli bancari al reporting annuale è stata molto positiva. Nonostante il percorso di normalizzazione dei tassi prospettato dagli istituti di credito stessi, la maggior parte delle banche (non solo italiane ma anche spagnole) ha dato indicazione di margine di interesse perlomeno stabile (se non addirittura in aumento) nel 2024 rispetto al 2023 ed un contributo positivo all’utile anche dalla componente commissionale dei ricavi.
Inoltre, al momento alcuni titoli ciclici, come quelli appartenenti al mondo del lusso o del beverage, hanno registrato un sensibile rimbalzo nel corso del mese come reazione a risultati in linea con le attese o solo leggermente superiori alle stime. Tuttavia, non pensiamo che questo indichi una rinnovata convinzione settoriale. È più probabile che si tratti più di un principio di short covering e riposizionamento degli investitori dopo le deludenti performance del secondo semestre del 2023.
Un settore che invece si trova a sottoperformare il mercato da inizio anno è quello delle utilities. Questo è dovuto a una serie di fattori, tra cui il calo dei prezzi dell’energia, che sta danneggiando soprattutto i player integrati (ovvero che producono internamente l’energia poi venduta) come Enel e Iren; l’aumento dei tassi di interesse contrapposto alle generalizzate aspettative che il mercato nutre verso una loro sostanziale stabilità o calo nell’anno in corso; da ultimo, la recente preferenza del mercato per i settori ciclici a scapito di quelli più difensivi (come per l’appunto le utilities).
Tuttavia, ci attendiamo che in un contesto caratterizzato da tassi stabilmente più bassi rispetto a quelli osservati nell’ultimo anno, il settore delle utilities possa tornare ad essere interessante. Questo avverrebbe in virtù di un minor costo dell’indebitamento e di un valore dei flussi di cassa futuri più elevato, per effetto di tassi di sconto più bassi.
Guardando invece alla capitalizzazione di mercato, sottolineiamo come nel corso del mese di febbraio si sia osservata un’ulteriore accentuazione della divergenza di performance tra large cap e mid-small cap. Da inizio anno, gli indici Star e Aim hanno registrato perdite rispettivamente dell’1,70% e dell’1,1%, mentre il Ftse Mib ha guadagnato terreno in modo significativo. Secondo la nostra prospettiva, la sotto-performance delle società a piccola e media capitalizzazione è da considerarsi un fenomeno transitorio, destinato ad esaurirsi nel breve termine. Di conseguenza, confermiamo come questa rappresenti una delle opportunità d’acquisto più interessanti per l’asset class degli ultimi anni. Un primo segnale incoraggiante viene dall’indice Russell 3000, che nel momento in cui scriviamo è tornato sui propri massimi storici. Un’altra ragione a sostegno del comparto potrebbe derivare dal reporting annuale, che per le società di più piccole dimensioni si concentrerà nel prossimo mese di marzo. Questo costituirà un ulteriore banco di prova per assestare la solidità e qualità aziendale di quei nomi, accuratamente selezionati dal Team di Gestione, che nonostante le sfide degli ultimi anni hanno saputo conseguire risultati economici resilienti.
Infine, segnaliamo come nelle ultime settimane il mercato abbia assistito a diverse Offerte Pubbliche di Acquisto (OPA) aventi per oggetto società quotate sul mercato italiano. In primis, Vitol, azienda attiva nel commercio delle commodity, ha rilevato a 1,75 euro per azione la quota detenuta dalla famiglia Moratti in Saras (pari a circa il 35% del capitale), innescando l’obbligo di OPA al medesimo prezzo su tutte le altre azioni quotate. A seguire Catterton, fondo di private equity dedicato al settore del lusso e partecipato da Louis Vuitton, ha presentato un’offerta cash a 43 euro per azione finalizzata al delisting di Tod’s. Da ultimo, Unipol ha annunciato un progetto di razionalizzazione societaria del gruppo tramite fusione di UnipolSai in Unipol: in questo contesto, Unipol promuoverà un’OPA sulle azioni di UnipolSai non detenute (circa il 14,8% del capitale) ad un prezzo di 2,70 euro per azione. Si tratta di un fenomeno destinato a proseguire e ad accelerare quando ci sarà maggiore visibilità sul percorso di discesa dei tassi coinvolgendo anche le micro cap.
A cura di Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity
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