Se ci si ferma alla superficie ci si può e ci si deve preoccupare seriamente. Sono per aria gli Stati Uniti, a partire dalla Casa Bianca. È per aria l’Europa, con la Francia vicina all’ingovernabilità. Continuano le guerre in corso e se ne preparano di nuove (Israele-Hezbollah, Houthi dotati ora di nuovi missili russi per bloccare il Mar Rosso). Si intensificano le guerre commerciali.
Se ci si ferma alla superficie ci si può e ci si deve preoccupare seriamente. Sono per aria gli Stati Uniti, a partire dalla Casa Bianca. È per aria l’Europa, con la Francia vicina all’ingovernabilità. Continuano le guerre in corso e se ne preparano di nuove (Israele-Hezbollah, Houthi dotati ora di nuovi missili russi per bloccare il Mar Rosso). Si intensificano le guerre commerciali.
Rallenta per contro l’economia americana, mentre la Cina scopre che produrre tanto, bene e a buon mercato non basta se il resto del mondo mette barriere doganali sempre più elevate. Nel frattempo, i disavanzi pubblici restano alti, nell’indifferenza generale.
Gli asset finanziari, dal canto loro, regalano una sensazione di benessere che andrebbe verificata seriamente. Il patrimonio delle famiglie americane, che per un secolo è rimasto costantemente intorno a sei volte il reddito, è oggi sopra otto. Gli ultimi orsi vengono licenziati o chiudono comunque le loro posizioni, mentre i tori spiegano che non abbiamo ancora visto nulla e che l’intelligenza artificiale porterà progressi inimmaginabili. Speriamo, perché per adesso interagire con una AI per un qualsiasi piccolo problema quotidiano fa venire nostalgia degli esseri umani.
Se però proviamo a non cedere alle emozioni e a mettere ordine tra i problemi, scopriamo che una grande parte di questi sono immaginari. I rischi reali che rimangono sono seri, talvolta molto seri, ma se andiamo a calcolare le probabilità che si risolvano male dobbiamo concedere che sono basse. Non è detto che saranno basse per sempre, attenzione, ma per adesso lo sono e chi naviga a vista, come ormai siamo tutti costretti a fare, non può non tenerne conto.
Tra i problemi in gran parte immaginari ci sono quelli legati al ciclo politico. Con un anno elettorale e opinioni pubbliche divise, sfiduciate e frustrate, i politici che si contendono il consenso fanno grandi promesse. Il costo di queste promesse viene amplificato dagli avversari e fa scorrere brividi lungo la schiena dei mercati. Non c’è però correlazione tra quello che si promette di fare e quello che si farà davvero. Chi si impegna a spendere generalmente non riesce a farlo. Chi si impegna a essere serio spesso spende molto, come è stato il caso di Macron e come è il caso dell’attuale governo tedesco, che cerca in tutti i modi, instancabilmente, di aggirare i vincoli di bilancio previsti dalla costituzione.
Nei giorni scorsi abbiamo visto il rendimento dei bond lunghi americani crescere di 20 punti base nonostante i dati più deboli sull’economia. La ragione? Trump, con la sua inflazione, i suoi dazi e le sue spese. Era successo anche nel 2016. Grandi timori, perfino qualche ora di panico in borsa la notte delle elezioni e poi tutto dimenticato. Il problema della presidenza Trump, vista dai mercati, fu, più tardi, la reazione eccessiva e preventiva da parte della Fed, che alzò i tassi per compensare il taglio delle imposte del 2018 e provocò una grossa scivolata di borsa. La cosa potrebbe certamente ripetersi questa volta, ma allora dovrebbe semmai essere la borsa a indebolirsi oggi, non i bond.
In pratica, tanto in Francia quanto negli Stati Uniti, riesce difficile pensare a ulteriori aumenti dei disavanzi pubblici, con qualsiasi governo. I disavanzi sono infatti già adesso molto alti e difficilmente si supereranno i livelli attuali.
Anche sul rallentamento della crescita americana i timori appaiono, al momento, eccessivi. Certo, nelle ultime settimane si è registrato un vuoto d’aria nel settore dei servizi, per ora limitato agli indicatori soft, ma è decisamente troppo presto per concluderne che il rallentamento in corso è l’inizio di un atterraggio duro. Il rischio che la Fed si sia troppo affezionata al suo obiettivo di riportare l’inflazione sotto pieno controllo e che l’inizio del ciclo dei tagli sia rimandato troppo a lungo appare per ora molto piccolo.
Se dunque sono eccessivi i timori, non per questo la borsa può pensare realisticamente di crescere ancora a velocità sostenuta e al tempo stesso regolare nella seconda parte dell’anno. C’è infatti un problema di livello delle valutazioni di cui tenere conto. La crescita degli utili, con un’economia che rallenta, sarà più contenuta. L’inflazione che torna a scendere, dal canto suo, rende sicuramente possibili i tagli dei tassi e sostiene i multipli, ma lascia anche meno spazio alle imprese per alzare i prezzi e difendere i margini dei loro prodotti.
Abbiamo parlato fin qui di problemi sopravvalutati legati al quadro politico ed economico. Ci sono però anche problemi seri, legati al quadro geopolitico. Su questo fronte la situazione continua a deteriorarsi, ma molto lentamente. La lentezza del processo rende possibile mantenerlo sotto controllo ma il deterioramento, di per sé, non è incoraggiante.
Siamo in una situazione in cui i protagonisti sono pienamente intenzionati a proseguire le ostilità. Tornare indietro sarebbe per loro inaccettabile, mentre alzare il livello dello scontro è la soluzione di default. D’altra parte tutti sono anche consapevoli di muoversi su un terreno molto rischioso.
Questa consapevolezza si estende anche al campo delle guerre commerciali. Anche qui il livello dello scontro continua a salire, ma gradualmente e senza perdere il controllo.
Per gli investitori una situazione di rischi che crescono lentamente e che però non sembrano ancora prossimi a sfuggire di mano deve indurre a mantenere come ispiratore uno scenario di base ancora costruttivo (stiamo pur sempre entrando in un ciclo di ribasso dei tassi). Il crescere lento dei rischi di coda, dal canto suo, dovrebbe però portare a ridurre gradualmente l’esposizione complessiva e a integrarla, dove possibile, con asset antifragili come l’oro.
In Kairos da gennaio 2010, è Strategist del Gruppo e autore de “Il Rosso e il Nero”, newsletter finanziaria settimanale di strategia d’investimento.
Ha iniziato la sua carriera come Account Executive presso Merrill Lynch Milano; dal 1987 al 1989 ha lavorato per Gestnord Fondi come Direttore Investimenti e dal 1989 al 1994 per Caboto Group nella ricerca macro, strategica e quantitativa.
Nel 2001 ha ricoperto presso Abaxbank il ruolo di Head of Research and Investment Strategist.
Laurea in Filosofia presso l’Università Statale di Milano.