rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

NE BIS IN IDEM

Quante volte festeggeremo la discesa dei tassi?

È stagione di utili trimestrali e anche questa volta leggiamo che le stime degli analisti sono state battute in più di due terzi dei casi. È praticamente la regola e anche la percentuale dei superamenti, di trimestre in trimestre, rimane più o meno la stessa. Un osservatore superficiale potrebbe pensare che gli analisti siano selezionati tra i pessimisti o, quanto meno, tra i prudenti o che sviluppino il pessimismo come malattia professionale. Non è così, naturalmente. Accade semplicemente che le aziende comunicano stime prudenziali, sulle quali gli analisti fanno i loro calcoli. Le aziende sono prudenti sia per evitare azioni legali da parte di azionisti delusi sia per potere sorprendere in positivo il giorno della comunicazione ufficiale dei risultati.

È stagione di utili trimestrali e anche questa volta leggiamo che le stime degli analisti sono state battute in più di due terzi dei casi. È praticamente la regola e anche la percentuale dei superamenti, di trimestre in trimestre, rimane più o meno la stessa. Un osservatore superficiale potrebbe pensare che gli analisti siano selezionati tra i pessimisti o, quanto meno, tra i prudenti o che sviluppino il pessimismo come malattia professionale. Non è così, naturalmente. Accade semplicemente che le aziende comunicano stime prudenziali, sulle quali gli analisti fanno i loro calcoli. Le aziende sono prudenti sia per evitare azioni legali da parte di azionisti delusi sia per potere sorprendere in positivo il giorno della comunicazione ufficiale dei risultati.

Ogni trimestre, dunque, quasi 400 delle 500 società che compongono l’indice SP 500 sorprendono in positivo. Il che significa che negli ultimi due anni di rialzo (ovvero 8 trimestri) abbiamo avuto, più o meno, 3mila sorprese positive. Per non parlare, ovviamente, delle veramente grandi sorprese positive riservateci dai colossi della tecnologia e dell’intelligenza artificiale.

Con tutte queste belle sorprese e con i buy back che hanno ripreso a crescere si può pensare che gli utili per azione, in questi due anni, siano davvero saliti molto. Dopo tutto la borsa americana, che aveva toccato 3615 nell’estate del 2022, sta oggi a 5190. Le cose, per le imprese, devono davvero essere andate bene.

E bene sono andate, in effetti, ma non come si potrebbe pensare. Se si consulta l’indice SPEDACTL su Bloomberg, si vede che gli utili per azione sono sostanzialmente stabili da due anni. Gli Eps trimestrali (corretti con alcuni criteri standard) sono stati di 55 dollari nel primo trimestre del 2022 e sono oggi di 56.50 dollari (anche se non ancora definitivi). Calcolati in altri modi, gli utili sono cresciuti di più, ma è evidente che gran parte del rialzo, più che agli utili, è da attribuire all’ espansione dei multipli.

I multipli, di regola, si espandono quando scendono i tassi. Negli ultimi due anni, però, i tassi sono solo saliti, non scesi. Due anni fa a quest’epoca i Fed Funds stavano all’1 per cento, oggi sono al 5.50. Il Treasury decennale due anni fa rendeva il 3.04, oggi rende il 4.50.

Che cosa è stato allora a stimolare il rialzo partito nel giugno 2022? Nel primo anno è stato il venir meno della temutissima recessione, che alla fine non c’è stata. L’idea di una recessione imminente aveva portato le valutazioni su livelli compressi ed è quindi stato giusto correggerle al rialzo quando si è capito che i timori erano infondati.

Il secondo anno di rialzo è stato invece dovuto ad attese positive sugli utili (che si sono realizzate meno di quanto si fosse pensato) ma, soprattutto, ad attese di tagli dei tassi che non si sono realizzate per niente. Il 2023 è partito scontando l’avvio entro l’anno di un lungo ciclo di tagli e si è chiuso con tassi più alti. Il 2024 è partito con attese di tagli ancora superiori ma per adesso non ha visto nulla e molto probabilmente vedrà alla fine molto meno di quello che si attendeva a gennaio.

Il taglio dei tassi tanto atteso, in ogni caso, ci sarà, probabilmente in luglio. La Fed ha ragioni politiche per tagliare, ma adesso ha anche un appiglio nell’evoluzione dell’economia, che dall’inizio dell’anno ha preso a correre su due binari distinti. Uno di questi mantiene l’alta velocità dell’anno scorso. È quello delle grandi e grandissime imprese, che continuano a concedere aumenti retributivi ai loro dipendenti e a scaricarli sui prezzi dei loro prodotti e servizi. L’altro binario è quello delle piccole e piccolissime imprese che, in quanto indebitate a breve, pagano tassi alti e sono vittime dell’inversione della curva dei rendimenti (tassi a breve più alti dei tassi a lungo).

Le grandi imprese, che hanno emesso bond lunghi quando i tassi erano bassi, sono al riparo dalla politica monetaria e sono comunque poco indebitate. Le piccole, che dipendono dalle banche, hanno cominciato a rallentare le assunzioni e a tagliare gli investimenti.

La curva invertita ha del resto colpito in modo differenziato anche le famiglie. Per le più ricche, che investono in azioni e hanno già la casa, contano i tassi a lungo che, mantenendosi più bassi dei tassi a breve, non hanno ostacolato l’espansione dei multipli azionari. Per le famiglie povere, che pagano mutuo e rata dell’auto sui tassi a breve, la pressione della politica monetaria comincia a farsi sentire.

La Fed, considerato questo inizio di indebolimento del mercato del lavoro, chiuderà dunque gli occhi sull’inflazione e taglierà, ma lentamente e con cautela. I mercati finanziari hanno già l’acquolina in bocca per questo taglio. Il problema è che ce l’hanno già da un anno.

Insomma, è possibile festeggiare per un anno i tagli che verranno (mentre i tassi ancora salgono) e poi, quando arrivano, festeggiarli di nuovo? Tutto è sempre possibile, naturalmente, ma è legittimo pensare che i festeggiamenti successivi ai tagli saranno più sobri, proprio perché già ampiamente anticipati. I giuristi dicono Ne Bis in Idem, non si processa due volte per lo stesso fatto. Vale anche in finanza che non si festeggia due volte lo stesso evento? O abbiamo inventato la macchina del moto perpetuo, che fa salire le borse quando i tassi salgono (perché poi scenderanno) e poi, di nuovo, quando scendono?

Bisogna allora prepararsi a vendere? Non necessariamente, perché non ci sono solo i tassi. Gli utili, quest’anno, potrebbero davvero cominciare ad innalzarsi sopra il livello degli ultimi due anni. Altra buona notizia, l’indebitamento delle famiglie e delle imprese, che provocò le cadute di borsa del 2008 (mutui subprime) e del 2000 (acquisizioni a debito di società tecnologiche), è oggi fisiologico ed è sostituito, come problema potenziale, dall’indebitamento degli stati. Questi hanno le spalle molto più robuste dei privati e possono comunque sgonfiare con l’inflazione il debito che creano con i loro ampi disavanzi.

Comprare, allora? Perché no, soprattutto se si vanno a cercare le opportunità nelle borse sottovalutate (Cina) e nelle borse di Europa, Giappone e Corea del Sud, già apprezzatesi ma ancora a prezzi ragionevoli.

Ultimi Numeri

30 Aprile 2025
24 Aprile 2025
10 Aprile 2025
03 Aprile 2025
Al Quarto Piano con Alessandro Fagnoli


ARCHIVIO

2025

Alessandro Fugnoli

IL NUOVO
MAGAZINE DIGITALE DI KAIROS
E’ ONLINE