rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

PRUDENTI E IMPRUDENTI

La Fed è cauta e i mercati non dovrebbero forzare il passo

Dopo essersi cullati nella visione di un mondo perfetto, in cui l’inflazione scende in modo lineare e irreversibile, la crescita rimane eccellente, gli utili riprendono a crescere e i tassi vengono tagliati aggressivamente in tutto il mondo, i mercati devono ora fare i conti con una realtà che, senza essere necessariamente molto diversa, è più complessa di come la si immagina. I paradigmi sono sempre puliti e disegnati con la ligne claire dei fumetti di Hergé (o, per i più giovani, con la grafica dei videogiochi), dove non ci sono mai detriti, polvere o fumo. La realtà è, sempre e comunque, più confusa.

Dopo essersi cullati nella visione di un mondo perfetto, in cui l’inflazione scende in modo lineare e irreversibile, la crescita rimane eccellente, gli utili riprendono a crescere e i tassi vengono tagliati aggressivamente in tutto il mondo, i mercati devono ora fare i conti con una realtà che, senza essere necessariamente molto diversa, è più complessa di come la si immagina. I paradigmi sono sempre puliti e disegnati con la ligne claire dei fumetti di Hergé (o, per i più giovani, con la grafica dei videogiochi), dove non ci sono mai detriti, polvere o fumo. La realtà è, sempre e comunque, più confusa.

Prendiamo i dati, ovvero i mattoni che si usano per impostare politiche pubbliche e strategie imprenditoriali o per costruire portafogli. I dati non sono certezze assolute. Domani, ad esempio, verrà pubblicata la revisione ufficiale dei dati sull’occupazione americana del 2023. Le attese sono per numeri meno brillanti di quelli che abbiamo festeggiato ogni primo venerdì del mese. Verrà poi a breve pubblicata la revisione dei dati sull’inflazione. L’anno scorso la revisione fu deludente, perché mostrò che nel 2022 l’inflazione era stata più alta di quella che era stata calcolata in precedenza.

Oppure prendiamo l’intelligenza artificiale, il cui sviluppo impetuoso giustificherebbe, agli occhi di una parte dei mercati, il rialzo continuo e quasi senza limiti delle società del settore e poi, in prospettiva, di tutto l’apparato produttivo globale (e quindi delle borse nella loro interezza). Bene, dopo i progressi eccezionali della prima metà del 2023 si comincia a capire che gli LLM (i modelli linguistici di grandi dimensioni) hanno ancora da dare molto in termini di applicazioni, ma non sono, né si avvicinano a essere, né saranno mai, modelli realmente intelligenti. Continueranno quindi a svilupparsi in modo accelerato, ma non rappresenteranno un salto qualitativo decisivo. La reazione del mercato agli utili pubblicati negli ultimi giorni dai colossi della tecnologia sembra dimostrare una migliore percezione di questi limiti. È  giusto accompagnare la costante crescita di questi utili con un rialzo altrettanto costante dei titoli, ma l’espansione continua dei multipli è imprudente.

Imprudente, passando adesso alle politiche pubbliche, è anche stimolare l’economia con massicci disavanzi fiscali, come vedremo anche quest’anno in America con un deficit federale che sarà di nuovo vicino al 7 per cento, quando l’economia va già bene di suo. Per ora viviamo di rendita sulla discesa dell’inflazione che procede inerzialmente e continuerà tutto quest’anno, ma siamo sicuri che disavanzi così ampi non riaccenderanno l’inflazione già dall’anno prossimo? E se invece l’economia dovesse rallentare e produrre meno entrate fiscali per il Tesoro, come sarebbe possibile stimolarla per via fiscale partendo da un disavanzo già così elevato?

La Fed, per il momento sembra comprendere bene la complessità di questa situazione e mantiene, finché ha il lusso di poterlo fare, un atteggiamento prudente. I tagli arriveranno, ha confermato Powell dopo l’ultima riunione del Fomc, ma per ora non c’è ragione di avere fretta. Rimandando di qualche settimana l’inizio dei tagli, la Fed ricalca forse le orme della Bundesbank degli anni d’oro, quando questa aspettava un mese o due prima di replicare i tagli dei tassi americani e guadagnava così ammirazione e credibilità da parte dei mercati per la sua fermezza, con poco costo per l’economia tedesca.

Può darsi quindi che saltare marzo e iniziare a tagliare in maggio o giugno sia semplicemente un modo per continuare a recuperare credibilità e per dimostrarsi indipendente. C’è però una legittima incertezza su quale sia in questo ciclo postpandemico il corretto tasso reale neutrale terminale (lo 0.50 o qualcosa di più, vista la produttività in crescita?). C’è poi il manuale del buon banchiere centrale, che prescrive di essere restrittivi quando la politica fiscale è espansiva. C’è infine la possibilità che, invece del soft landing del consenso, ci sia in realtà un no landing, ovvero un aereo dell’economia che non si sogna di atterrare e si mantiene ad alta quota.

C’è naturalmente anche la possibilità contraria, ovvero che l’economia sia destinata a rallentare o che stia già rallentando, come dimostrerebbe, per le colombe, la disoccupazione in California al 5.1 per cento. Ma se davvero ci sarà un rallentamento, la Fed avrà a disposizione un arsenale ben munito per combatterlo. Potrà tagliare drasticamente i tassi, cancellare il Quantitative tightening, continuare a sostenere le banche, sciogliere la liquidità congelata nella Reverse Repo Facility e riversarla sul mercato.

Come osserva brillantemente David Zervos, la buona notizia non è che la Fed taglierà, ma che ha tutto lo spazio per farlo quando sarà necessario. La Fed, guardata dai mercati, non va vista come il motore di un rialzo senza fine degli asset finanziari, ma come la fornitrice di una put che può riparare il mercato da cadute vistose.

Un altro importante buffer protettivo l’ha costruito il Tesoro americano, che dall’accordo sul tetto all’indebitamento del giugno scorso ha raccolto dal mercato più di quanto non servisse e dispone così di 700 miliardi sul suo conto presso la Fed. Lo ha fatto forse per emettere meno quest’anno e per spingere in basso i rendimenti obbligazionari (e in alto le borse) prima delle elezioni, ma quale che sia la motivazione, è un segno di prudenza che ai mercati non può che fare piacere.

I mercati devono fare la loro parte e non dissipare il premio per il rischio con rialzi eccessivi e prematuri. Il quadro è certamente positivo, ma molto è già nei prezzi e le sorprese sono sempre in agguato quando si sconta la perfezione. Si può tranquillamente essere costruttivi sulla parte breve e media delle curve e su alcuni paesi emergenti con valutazioni contenute. Ci si può addentrare nell’ampio universo dei titoli ciclici. Si possono mantenere i colossi della tecnologia se si è consapevoli del fatto che chi li compra in questo momento è il retail o il fondo che era sottopesato e deve rincorrere il rialzo, non sempre volentieri.

L’importante è ricordare che gennaio è il mese dei sogni, delle visioni, dei progetti e dei paradigmi astratti. Da febbraio in avanti entra in scena la realtà, con tutte le sue imperfezioni.

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