Lo shutdown non spaventa gli investitori

9 Ottobre 2013

Tra gli argomenti che più tengono banco in ambito finanziario in questi giorni ci sono certamente gli Stati Uniti. O meglio, il rischio di default della più grande potenza economica al mondo, minacciata non da un nemico lontano, bensì molto vicino: se stesso. “Colpa” dei Repubblicani, o più precisamente di quegli esponenti radicali interni al movimento che afferiscono ai Tea Party e che pur di mandare gambe all’aria la cosiddetta Obamacare (la riforma del sistema sanitario che sta entrando in vigore proprio in questi giorni) hanno impedito che si raggiungesse un accordo sul bilancio. Spiega Vittorio Fontanesi, del team di gestori di Kairos Partners: «Lo shutdown che ne è derivato, ovvero, la chiusura di una grande parte dei servizi considerati non essenziali, se da una parte preoccupa la politica e crea forti disagi nella popolazione coinvolta, dall’altra non ha causato particolari turbamenti nel mercato finanziario. Nonostante si paventi da più parti il rischio di un default tecnico del Paese entro due-tre settimane, per alcuni addirittura entro il 17 ottobre, gli investitori non sembrano al momento scommettere su questa ipotesi, anche se si può comunque registrare un atteggiamento attendista da parte degli operatori che preferiscono mantenere liquidità sul conto piuttosto che investirla in treasury bills a 1 mese  in attesa di valutare l’evolversi della situazione, mantenendo comunque in portafoglio le posizioni più lunghe. Lo dimostra anche il fatto che il treasury bill a 3 mesi dà lo 0,05% di rendita annua, mentre quello a 1 mese è passato da un minimo di zero a metà settembre al massimo di 0,34 registrato l’8 ottobre».

Il mercato, dunque, non crede nel default e anche se ci fosse il titolo a stelle e strisce è da sempre percepito come “privo di rischio”, quindi gli effetti di un simile evento sui prezzi del Treasury non sono prevedibili.

Ma cosa attendersi per i prossimi mesi? Fontanesi, tracciando un’analisi ad ampio raggio dello scenario internazionale, si spinge ad affermare che «una volta archiviata l’incognita americana, il trimestre di chiusura dell’anno non dovrebbe farci vivere le montagne russe: c’è una relativa tranquillità su tutti i fronti, con interessanti opportunità di guadagno. Anche i mercati emergenti hanno registrato un discreto rimbalzo nell’ultimo periodo, recuperando sugli indici principali; la perdita dall’inizio dell’anno è ancora consistente ma ora sono in netto recupero. Anche la periferia europea è relativamente forte. Insomma, speriamo in un 2013, in definitiva, costruttivo».

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