NET-ZERO? BASTA BUGIE. Science Based Targets initiative (SBTi)

14 Giugno 2022
EnSiGn Matter - La rubrica per comprendere la finanza sostenibile

Le persone tendono a mentire quando una risposta veritiera non soddisfa a pieno la realtà di chi sta parlando. Capire se una persona mente non è così scontato. Neanche l’utilizzo della macchina della verità può venirci incontro, infatti in quasi nessun tribunale è ammessa come prova. La scienza ha certificato che i bugiardi professionisti riescono ad aggirare i sensori della macchina senza troppi problemi.

Nel mondo della finanza sostenibile, focalizzandoci soprattutto sulla parte ambientale, la parola Net-Zero, cioè ridurre le emissioni di gas effetto serra nette a zero, è altamente inflazionata.

Basti solo guardare quante volte è stata citata dalle aziende quotate nelle conference call con gli analisti dopo i risultati trimestrali. Solo nell’ultimo anno un aumento del 352%!!!

 

 

Fonte: Alphasense

 

Focalizzandoci sugli Stati Uniti, nel 2017 praticamente nessuna azienda aveva dei target sulle CO2. Alla fine del 2021, il 66% delle aziende quotate ha un target pubblico di riduzione delle emissioni e il 30% ha un obiettivo specifico di Net-Zero.

 

Emissioni nette zero: dalle dichiarazioni ai fatti concreti

Fonte: ICE Data Services

 

Normalmente quando si parla di Net-Zero, ci si riferisce temporalmente all’anno 2050.

Sicuramente la maggior parte delle aziende che hanno dichiarato un obiettivo di Net-Zero è perché è parte centrale della strategia aziendale. Ma per tante aziende virtuose, ce ne sono altrettante che invece hanno fatto commitment alla riduzione delle emissioni solo per un fatto di immagine, ma che poi nella realtà continuano ad operare come prima (greenwashing).

Tanto più un obiettivo è lontano nel tempo, tanto più sarà opaco e allo stesso tempo sarà difficile da controllare nel presente da parte degli investitori per capire se un’azienda si sta muovendo nella giusta direzione oppure no.

Ovviamente ci saranno alcune aziende in alcuni settori dove raggiungere la neutralità carbonica sarà più semplice e molto probabilmente sarà fatto anche più velocemente (es: energie rinnovabili). Per altre, al contrario, significa iniziare da subito un vasto programma di investimenti che porti ad una rivoluzione totale della cultura aziendale (es: oil&gas, acciaio, cemento). Per queste aziende, forse anche il 2050 sembra un po’ troppo vicino.

Passando per un attimo dalle aziende agli asset manager, molti prodotti innovativi, come i fondi art.9 dell’SFDR, che stanno nascendo in questo periodo sul fronte ESG, hanno anche l’obiettivo di misurare le emissioni di CO2 derivanti dai propri investimenti e di ridurle nel tempo.

La riduzione delle emissioni deve essere fatta secondo una traiettoria di decarbonizzazione, cioè una riduzione progressiva delle emissioni seguendo un sentiero delineato. Secondo gli Accordi di Parigi, per arrivare a Net-Zero al 2050, le emissioni dovrebbero diminuire almeno al ritmo del -7% all’anno.

 

Andamento della riduzione di CO2 per raggiungere la decarbonizzazione nel 2050

Fonte: IEA Net Zero by 2050 Flagship Report May 2021. The Global Path to Net Zero Emissions by 2050

 

Come fare per riconoscere chi dice la verità e chi mente?

Uno strumento che supporta gli investitori sostenibili a rispondere a questa domanda sono gli Science Based Target, che sono obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 e degli altri gas climalteranti coerenti con le indicazioni della scienza del clima, in particolare quelle dettate dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

I criteri più utilizzati per definire uno “Science based target” sono quelli stilati dalla “Science Based Targets initiative”(SBTi), un partenariato promosso dallo UN Global compact (UNGC), dal World Resource Institute (WRI), dal Carbon Disclosure Project (CDP) e dal WWF, che ad oggi conta l’adesione di più di 3.000 aziende in tutto il mondo (56 in Italia).

Gli investitori possono essere abbastanza tranquilli che tutte le aziende certificate da questo ente alla fine faranno ciò che dicono.

L’iniziativa SBTi è nata proprio con l’intento di supportare le aziende nell’adozione di obiettivi ambiziosi di mitigazione e guidarle nella transizione ad una economia Net-Zero.

L’SBTi riconosce la necessità che le aziende definiscano anche target di medio termine (2025, 2030, 2040), anziché solamente target al 2050. Pertanto, si richiede una chiara definizione delle tempistiche e delle quantità di riduzione delle emissioni di gas serra.

I target di riduzione devono riguardare innanzitutto le emissioni di gas serra associate alle attività dirette e indirette vicine all’azienda, cioè le emissioni di Scope 1 (ovvero le emissioni associate alla produzione del proprio prodotto o servizio) e Scope 2 (ovvero le emissioni derivanti dalla generazione di elettricità acquistata o acquisita, riscaldamento, raffreddamento consumato dall’azienda). Devono però essere comprese nei target SBTi anche le emissioni di Scope 3, associate alla catena del valore a monte e a valle dell’organizzazione, nel caso in cui esse costituiscano più del 40% delle emissioni totali.

Come definire gli Science Based Target in azienda?

Il processo di adesione agli SBT richiede:

  • l’invio di una lettera di impegno per la definizione di target in linea con l’SBTi (commit);
  • il calcolo delle emissioni di gas serra (Scope 1, 2 e 3) secondo lo standard GHG Protocol (develop);
  • il calcolo dei target di riduzione, i quali devono poi essere sottomessi a SBTi per la validazione ufficiale (submit);
  • i target devono essere pubblicati, entro due anni dalla firma della lettera di impegno (communicate);
  • ogni anno l’azienda deve dichiarare pubblicamente le proprie emissioni e i propri progressi verso il raggiungimento dei target di riduzione definiti (disclose).

Questo ultimo punto probabilmente è il più importante e finalmente riusciremo a capire chi agisce nel concreto per un mondo più sostenibile e chi mente.

 

Galileo Galilei diceva:

“Meglio è una piccola verità,
che una grande bugia.”

 

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