Partita dalle banche italiane, l’ondata di pessimismo abbattutasi sui listini del Vecchio Continente nelle ultime settimane ha contagiato ben presto anche i titoli finanziari europei e altri settori. Se le perdite sono più accentuate in Europa è perché quest’area viene percepita come più vulnerabile, a causa dell’incapacità dei Paesi membri di trovare un’intesa convincente su una molteplicità di temi: dalla bad bank, alla direttiva sul bail-in, alla gestione dei migranti; dal sistema europeo di garanzia dei depositi, al dibattito sui limiti all’investimento in titoli di Stato da parte della banche, fino alle ipotesi estreme di un’uscita di Atene e Londra dall’Unione Europea.
L’accordo raggiunto tra governo Italiano e Commissione sul meccanismo di garanzia che dovrebbe consentire alle banche di smaltire più velocemente i crediti deteriorati non risolve il problema. Se alle banche fosse concesso tempo per assimilare in modo graduale le sofferenze, probabilmente non avrebbero grosse difficoltà, perché gli accantonamenti e le garanzie collaterali sono più che sufficienti, come ha ricordato lo stesso presidente della Banca Centrale Europea, Mario Draghi. Da un lato, la bad bank rende più facile trovare un acquirente per i non performing loans ma dall’altro rischia di forzare gli istituti a vendere in tempi relativamente stretti, costringendoli a valorizzare ulteriori perdite a bilancio. Come se non bastasse, qualcuno torna a parlare del pericolo di una spaccatura della zona euro. Il mercato italiano è molto liquido, è inevitabile che finisca nel mirino quando le cose si mettono male.
Del resto, nel mondo del QE, i listini azionari sono ipersensibili ai fattori d’incertezza. La forte correlazione tra equity e prezzi petroliferi, ad esempio, riflette il sospetto di un’eccessiva esposizione del settore finanziario (specialmente americano) al comparto energetico. Qualche economista è persino tornato a ragionare sull’ipotesi di una nuova recessione. Non c’è dubbio che la crescita stia rallentando, anche negli Stati Uniti. E questo incrementa il nervosismo tra gli investitori perché rende la ripresa più esposta al rischio di uno shock esogeno.
In questo scenario, chi sta valutando un riposizionamento su Piazza Affari non deve avere fretta. Da qui in avanti potrebbero presentarsi opportunità d’acquisto interessanti ma occorre essere molto selettivi e investire con un’ottica di lungo termine, evitando d’inseguire un rimbalzo di breve termine. Teniamo d’occhio in particolare alcuni titoli del settore industriale. La situazione del settore bancario appare ancora eccessivamente confusa. E anche per il segmento petrolifero è troppo presto.
A cura di Massimo Trabattoni, Responsabile Azionario Italia di Kairos per la rubrica Italian Times di AdvisorPrivate.