L’Italia sta affrontando prima degli altri paesi europei l’emergenza legata alla diffusione del Coronavirus e potrebbe anche essere la prima ad uscirne. Tuttavia i problemi risultano aggravati dalla situazione strutturale italiana, che vede da diversi anni una crescita economica piuttosto anemica e un debito pubblico elevato. Pertanto, se non si materializza un intervento coordinato e comunitario per affrontare gli impatti del virus, il nostro paese presenta chiaramente più difficoltà di altri nell’implementare manovre efficaci. Tuttavia, considerato che il fenomeno sarà di portata globale, resta probabile che l’Italia si trovi oggi più avanti anche in una fase di correzione del mercato.
In ogni caso, bisogna essere selettivi in questa fase perché oggi il mercato ha troppe incertezze: gli strumenti monetari risultano poco efficaci e per quelli fiscali bisognerà vedere nello specifico come saranno articolati. Il mercato ha scelto la strada più semplice: ha ridotto la capitalizzazione di Piazza Affari del 40%, una riduzione pari a circa 200 miliardi di euro (Fonte: elaborazione su dati Borsa Italiana). Un salasso in parte giustificato – diciamo per un 10% da minori utili attesi sia per l’anno in corso ma anche per il 2021, un altro 10% può essere attribuito alla riduzione dei multipli di Borsa dovuto anche al fatto che si partiva da quotazioni di mercato molto alte, mentre il resto è imputabile alla crescita attesa del maggiore indebitamento delle società quotate.
Le quotazioni sembrerebbero incorporare buona parte di uno scenario negativo. Il tema, tuttavia, non è se il mercato possa scendere ulteriormente perché nessuno può escludere che gli indici possano accusare nuovi cali quanto piuttosto i tempi che si possono ipotizzare per uscire da questa situazione, cioè quando il paese tornerà ad una vita e ad una attività normale. Al momento il mercato riflette uno scenario piuttosto negativo, ma è anche vero che delle opportunità ci sono, per esempio le utilities. Una delle certezze sulle quali si può ragionare è che i tassi di interesse resteranno bassi. Pertanto, quei titoli di società in grado di generare ritorni, e meno legati a variabili difficili da stimare oggi, hanno sicuramente una valutazione relativa più attraente rispetto al resto del mercato.
Diverso il discorso per il settore finanziario. Credo che la BCE non abbia interesse a far fare utili alle banche quanto piuttosto a tenerle in vita, assicurando in tal modo che le ‘autostrade finanziarie’ non interrompano il flusso di finanziamenti verso le imprese. Da un lato, dunque, si ha la rassicurazione che le banche non falliranno perché il regolatore permette loro di fare ‘quasi tutto’ pur di restare in attività, mentre dall’altro lato è bene ricordare che generare profitti non sarà affatto semplice nello scenario che va a configurarsi.
Per quanto riguarda poi le aziende di media e piccola taglia testimonial del made in Italy, caratterizzate da una buona gestione, vocazione all’export, capacità di competere nei mercati internazionali, occorre distinguere tra investitori e gestori di fondi. Infatti, se lo scenario è che prima o poi anche entro due anni – si trova una soluzione all’epidemia, ragionando sul fatto che nei prossimi due anni ci sarà tanta liquidità nel sistema, ci sono diversi titoli che sono sicuramente interessanti a questi prezzi. Il singolo investitore che abbia liquidità da utilizzare in ottica di medio lungo termine, senza esigenze di budget personali e familiari immediate, può cominciare a prendere in considerazione in modo selettivo alcune di queste opportunità. Un gestore di fondi, invece, deve considerare la liquidabilità del portafoglio: nel caso in cui sopraggiungessero forti e inattese richieste di riscatto non deve trovarsi costretto a vendere posizioni che possano generare ingenti perdite perché non si possono escludere ulteriori forti correzioni anche da questi valori già sacrificati.
Intervista a Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.