Rendite finanziarie e mercato dei capitali

20 Marzo 2014

Il tema della tassazione delle rendite finanziarie, in particolare dell’annunciato aumento dell’aliquota su plusvalenze, interessi e dividendi al 26% a firma del governo Renzi, continua a tenere banco nel dibattito politico ed economico. A qualche giorno di distanza dall’intervista pubblicata sul Corriere della Sera (lunedì 17 marzo) in cui Paolo Basilico, presidente e amministratore delegato di Kairos, approfondiva il tema, si sono registrate diverse prese di posizione pubbliche in merito. Ad esempio  Andrea Tavecchio ha scritto un editoriale sempre sul quotidiano milanese in cui sostanzialmente sposa la posizione di Basilico in merito al temuto rischio del «doppio binario fiscale», come lo ha chiamato quest’ultimo, che prevede da una parte la conferma del prelievo al 12,5% sui titoli pubblici e dall’altra  l’innalzamento dal 20 al 26% della tassazione sugli investimenti in capitale di rischio. «Mantenendo una tassazione al 12,5% per i titoli di Stato si disincentiveranno ulteriormente gli investimenti in capitale di rischio a vantaggio di quelli in debito pubblico. In Italia – continua Tavecchio – dobbiamo favorire una cultura opposta; aiutare chi rischia investendo nelle imprese per accompagnare la loro crescita dimensionale anche attraverso la quotazione. I numeri della Borsa italiana sono lì a ricordarcelo». Argomenti, questi, cari anche all’ad di Kairos, che non a caso aveva parlato del rischio di trasformare Piazza Affari «in un museo vuoto, in un territorio spettrale», a causa dell’ulteriore sottrazione di risorse utili al mercato dei capitali che possano influire concretamente sulla crescita dimensionale delle aziende italiane e sulla loro quotazione in Borsa. Non a caso, gli fa eco Tavecchio, «le società quotate italiane sono meno della metà di quelle tedesche e circa un settimo di quelle presenti a Londra».

Lo Stato, dunque, come nota qualche opinionista, fa di fatto concorrenza sleale alle imprese, concetto ripreso anche da Il Foglio (18/03/2014) che in un articolato confronto tra le diverse opinioni sul tema, sottolinea la posizione di Basilico per cui «incentivare i risparmi a dirigersi sui titoli di stato, per definizione improduttivi, invece che verso investimenti finanziari in capitale di rischio, “non può che andare a detrimento della crescita e del rilancio del Paese”». Un pensiero che traspare anche dalle parole di Daniele Capezzone, Forza Italia, presidente della Commissione Finanze della Camera, che ha dichiarato a un’agenzia di stampa: «Mentre si spendono fiumi di parole e lacrime sulla necessità di attrarre investimenti e trovare nuove forme di finanziamento (come i minibond) per il nostro sistema produttivo, nei fatti si tolgono risorse alle nostre imprese già sottocapitalizzate. Se poi l’aumento dovesse riguardare anche i conti deposito, allora è evidente che colpirebbe anche i piccoli risparmiatori, persino la stessa platea che si vorrebbe incoraggiare verso i consumi con il taglio dell’Irpef».

Come afferma anche l’analista finanziario Mario Seminero, sempre citato nell’articolo del Foglio a firma di Marco Valerio Lo Prete, insomma, «Dopo Tokyo, Roma rischia di diventare l’altra capitale mondiale della repressione finanziaria».

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