L’inizio del 2022 è stato particolarmente complesso sia per i mercati azionari sia per quelli obbligazionari. Sono aumentate le preoccupazioni sull’inflazione, con i dati economici che mostrano un continuo aumento dei prezzi negli Stati Uniti ed in Europa, guidato principalmente dai beni di prima necessità e soprattutto dall’energia. Conseguentemente, abbiamo visto i banchieri centrali, con in primis la Fed, annunciare i primi aumenti di tasso consistenti per il 2022. Goldman Sachs stima per gli Stati Uniti sette incrementi dello 0,25% a partire da marzo e due della stessa entità a partire da novembre da parte della Banca Centrale Europea.
Oltre alle tensioni macroeconomiche, ci sono anche quelle geopolitiche legate all’intensificazione del conflitto nella regione del Donbass tra Russia e Ucraina. La Russia minaccia un’invasione su larga scala dell’intero territorio nazionale ucraino sfidando anche la capitale Kiev, mentre l’Europa e gli USA tentano ancora la strada della diplomazia per arrivare a una soluzione pacifica.
Per quanto riguarda invece la politica interna, l’Italia è passata indenne dalle elezioni del Presidente della Repubblica, con i partiti che alla fine hanno optato per il Mattarella bis. Questo conferma la solidità del governo Draghi e toglie i dubbi su un’eventuale fine anticipata del mandato, che quindi arriverà molto probabilmente al suo termine naturale nel 2023, consentendo quindi al Presidente del Consiglio di completare le riforme strutturali annunciate e gli investimenti derivanti dal PNRR.
Passando al micro, si è aperta la stagione della reporting delle società che annunciano i risultati del quarto trimestre 2021 e quindi dell’intero anno appena concluso. Quello che si è visto fino ad ora è un mercato pronto a penalizzare pesantemente anche il più piccolo errore, mentre molto più rari sono stati i picchi al rialzo anche per coloro che hanno avuto una crescita. I settori che hanno riportato meglio sono stati quello dei finanziari e dell’oil. Un tema che invece abbiamo riscontrato trasversalmente su tante società anche di diversi settori è stato quello dell’aumento dei costi delle materie prime, mentre meno preoccupante per adesso è l’aumento del costo del personale, che invece è già un tema rilevante negli Stati Uniti.
In un mercato così volatile e congestionato, suggeriamo di guardare con rinnovata attenzione a quelle società del mondo reopening che sono rimaste indietro nella price action negli ultimi mesi. Il consiglio è di andare oltre la semplice analisi dei multipli, che ovviamente non riflette il valore delle società in un momento in cui, a causa dei bassi volumi, è difficile anche arrivare al break even.
Commento a cura di Massimo Trabattoni, Head of Italian Equity.