I titoli domestici soffriranno fino alla svolta sulle banche

6 Luglio 2016
L’influenza degli operatori che adottano un approccio quantitativo è aumentata enormemente negli ultimi due o tre anni, con inevitabili effetti distorsivi sull’andamento dei mercati. Come si è potuto constatare ancora una volta dopo l’esito a sorpresa del referendum su Brexit, infatti, i movimenti al rialzo e al ribasso tendono a prolungarsi ben oltre i livelli che sarebbero giustificati dai fondamentali. Questo apre enormi opportunità per gli investitori che siano in grado di riconoscere gli eccessi, partendo dall’analisi finanziaria.
 
Prendiamo in considerazione i titoli finanziari. In sei mesi, il sotto-indice Ftse Italia Banche ha ceduto il 55%, oltre il doppio rispetto alle perdite subite dal Ftse Mib. Il credito è da mesi nel mirino di chi vuole scommettere contro la tenuta della zona euro e non può più colpire i titoli di Stato dei Paesi periferici perché sotto tutela della Banca Centrale Europea. Brexit aggrava lo scenario perché favorisce un rallentamento della crescita, complica lo smaltimento dei crediti deteriorati e pare destinata a perpetuare lo scenario di tassi ai minimi, che tanto male sta facendo ai margini d’interesse del settore bancario.
 
La correzione violenta che è scaturita dalle urne inglesi può essere interpretata come un’opportunità d’acquisto sulle banche italiane? Selettivamente, sì. La nostra view resta negativa sul settore, ma ci sono titoli, tra i big del comparto e nella fascia intermedia, che hanno raggiunto livelli valutativi interessanti, in un’ottica di medio lungo termine. Vale la pena ricordare che dalla crisi attuale usciranno inevitabilmente meno gruppi, e più forti. La tensione resterà elevata, però, fino a quando l’Europa non riuscirà a trovare una soluzione definitiva al problema della ricapitalizzazione delle banche. Il via libera ottenuto dal governo italiano sulla possibilità di erogare garanzie pubbliche a favore delle banche nazionali per l’ottenimento di liquidità aggiuntiva, in caso di necessità non è certo sufficiente.
 
In questo quadro, i settori legati alla dinamiche della domanda interna continuano a essere penalizzati. Non è un caso se nel primo semestre un settore come il lusso è andato relativamente bene rispetto al credito, proprio perché più esposto ai mercati internazionali. Mentre entriamo nella seconda metà dell’anno questo trend sembra destinato a protrarsi. L’incapacità di trovare una soluzione efficace in tempi ragionevoli, la rigidità nell’applicazione delle regole, anche quando queste appaiono controproducenti, il prevalere della burocrazia sul buon senso, contribuiscono purtroppo a spiegare la distanza che si è venuta a creare tra le istituzioni europee e i cittadini dell’Unione. Quando l’Europa si deciderà a chiudere definitivamente il capitolo sulle banche, allora sarà il momento di ruotare i portafogli a favore dei titoli e dei settori più esposti alla domanda interna.
 

A cura di Massimo Trabattoni, Responsabile Azionario Italia di Kairos per la rubrica Italian Times di AdvisorPrivate.

 

 

 

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