rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

SATURNO

Fascino e rischi della tecnologia

La Rivoluzione è come Saturno. Essa divora i suoi figli. Pierre Victurnien Vergniaud, brillante avvocato rivoluzionario e deputato girondino alla Convenzione, pronunciò questa celebre frase durante il processo per tradimento che gli fu intentato nel 1793 e che lo portò, quarantenne, alla ghigliottina.

La Rivoluzione è come Saturno. Essa divora i suoi figli. Pierre Victurnien Vergniaud, brillante avvocato rivoluzionario e deputato girondino alla Convenzione, pronunciò questa celebre frase durante il processo per tradimento che gli fu intentato nel 1793 e che lo portò, quarantenne, alla ghigliottina.

Anche la tecnologia è come Saturno. Anche la tecnologia divora i suoi figli. Circolano da qualche settimana in Cina le prime Hua Xianzi, auto elettriche alimentate con batterie agli ioni di sodio. Sono più ingombranti delle batterie al litio e permettono un’autonomia limitata a 250-300 chilometri, ma funzionano meglio del litio nei climi freddi. Il punto decisivo, in ogni caso, è che il sodio costa un centesimo del litio.

Il litio non uscirà subito di scena e la transizione sarà graduale. Le attese createsi negli anni scorsi, tuttavia, andranno ridimensionate. Sul litio ci sono state due ondate rialziste, alimentate dalla domanda industriale e da quella speculativa. La prima, nel 2016-17, ha portato al raddoppio del prezzo ed è poi rientrata completamente. La seconda, nel 2020-21, ha decuplicato il prezzo, portandolo a 1200 dollari alla tonnellata. Oggi la quotazione è di 736 dollari.

Non è infrequente che le bolle legate all’innovazione abbiano due o più fasi. Queste fasi sono a volte intervallate da pochi anni (litio, Internet) ma in altri casi le ondate rialziste sono molto più distanziate tra loro, come è stato il caso per le energie rinnovabili.

Nel caso dell’intelligenza artificiale, tutto fa pensare alla possibilità di un processo ancora più lungo e ampio, ma, di nuovo, non lineare. Non lineare, del resto, è stata la stessa storia dell’intelligenza artificiale, che da settant’anni procede per strappi entusiasmanti seguiti, finora, da lunghi inverni di stagnazione.

Rispetto alle bolle tecnologiche del passato, l’intelligenza artificiale ha indubbiamente più potenzialità, sia nel mondo reale sia nella visione dei mercati. La sua caratteristica più interessante non è la pervasività, ovvero il fatto che la sua influenza si eserciterà su tutte le attività produttive. Anche le ferrovie furono pervasive, perché accelerarono l’urbanizzazione e influenzarono l’agricoltura, l’industria e il commercio. Anche Internet è stato pervasivo e lo stesso si può dire per la transizione energetica.

La differenza, questa volta, sta nelle possibilità di sviluppo, che per la scala umana sono praticamente infinite, che il passaggio all’intelligenza artificiale forte e alla superintelligenza, se mai avverrà, potrà comportare.

La Railway Mania, la bolla delle ferrovie, si esaurì nel 1847 non solo perché tutte le bolle, fisiologicamente, si ripiegano su se stesse, ma anche perché, dopo il boom delle costruzioni, di linee ferroviarie in Gran Bretagna cominciavano a essercene troppe. Dal 1850 a oggi sono più le linee ferroviarie inglesi che sono state chiuse di quelle che sono rimaste in esercizio. Anche Internet, una volta portato il collegamento negli angoli più sperduti, sarà destinato a normalizzarsi.

Tutte le bolle legate all’innovazione del passato (commercio coloniale, canali navigabili, ferrovie, scoperte minerarie, telegrafo, radio, energia nucleare, internet, metalli rari) hanno provocato un’allocazione subottimale del capitale e un successivo rapido ridimensionamento dei ritmi di crescita del settore interessato.

Per l’intelligenza artificiale ci sarà sicuramente un’allocazione subottimale del capitale, ma difficilmente ci sarà una fine della sua crescita. Per questo l’AI si presta a fare da madre di tutte le bolle. Anche senza invocare la Singolarità (la teoria dell’accelerazione irreversibile della tecnologia), tutto fa pensare a un forte e duraturo sviluppo.

Non tenere in portafoglio una quota investita su questo tema è molto probabilmente un errore. Buttarsi in modo acritico può essere però un errore ancora maggiore. Per varie ragioni.

  1. I titoli coinvolti dalle bolle, anche sul più affascinante dei temi, restano sensibili a questioni strutturali come la liquidità e il livello dei tassi. Lo sono anzi più degli altri titoli e scendono più della media nelle fasi acute del bear market
  2. Anche un superchip molto potente prodotto da una società può essere un giorno scalzato da un concorrente con migliori prestazioni o minore costo. Lo stesso vale per un linguaggio o, in generale, per un software
  3. Le bolle sono soldi facili e veloci. Si può mettere un gettone a qualsiasi prezzo se si pensa che abbiano ancora delle possibilità. Se però si vogliono investire soldi seri bisogna che le valutazioni, anche volendo accomodare tassi di crescita molto alti, mantengano una logica. Non ci sono regole rigide, ma prima di pagare una società decine di volte il fatturato non sarebbe male rileggere quello che Scott McNealy, fondatore di Sun Microsystems, scrisse nel 2002, due anni dopo lo scoppio della bolla. Due anni fa, dice, quotavamo 10 volte i ricavi. A quel prezzo, per restituirvi il vostro investimento, dovrei pagarvi in dividendi, per 10 anni, il 100 per cento dei ricavi. Dovrei avere zero costi, cosa difficile avendo da pagare 39mila dipendenti. Non dovrei spendere nulla in ricerca e non pagare tasse. Non capite, conclude, quanto siano ridicole queste premesse?

Sun Microsystems, che nel 2000 era arrivata a valere 200 miliardi dell’epoca, fu ceduta a Oracle nel 2009 per 7 miliardi. Era stata un gioiello, aveva spaziato dai supercomputer a Java. Siamo il dot delle dot.com era il suo motto.

Venendo al breve termine, la Fed sta facendo capire in tutti i modi che salterà il rialzo di giugno. Capire che cosa stia succedendo all’economia è difficile. La Germania, alla fine, ha avuto sei mesi di recessione. Lo stesso per l’America, se si guarda al reddito lordo (GDI). Se però si guarda al prodotto lordo (GDP) l’America ha avuto sei mesi di crescita. GDI e GDP dovrebbero essere identici, ma non lo sono. Nel dubbio, la Fed si mette alla finestra, mentre i mercati appaiono incerti. Non ci sono però (ancora) forti ragioni né per scendere né per salire.

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