rosso e nero
a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

CONTINUITÀ

Un 2024 di stabilizzazione, senza recessione

Qualcosa non torna nei ragionamenti che spingono i mercati a vedere in rosa non solo la conclusione del 2023, ma anche il 2024. Che ci voglia un po’ di prudenza nel disegnare, come si sta facendo in questi giorni, un perfetto allineamento positivo per quadro geopolitico, crescita economica, inflazione, tassi, profitti, valori obbligazionari e valori azionari dovrebbe venire naturale se si considera che solo un mese fa i mercati ipotizzavano un perfetto allineamento negativo di tutte queste stesse variabili.

Qualcosa non torna nei ragionamenti che spingono i mercati a vedere in rosa non solo la conclusione del 2023, ma anche il 2024. Che ci voglia un po’ di prudenza nel disegnare, come si sta facendo in questi giorni, un perfetto allineamento positivo per quadro geopolitico, crescita economica, inflazione, tassi, profitti, valori obbligazionari e valori azionari dovrebbe venire naturale se si considera che solo un mese fa i mercati ipotizzavano un perfetto allineamento negativo di tutte queste stesse variabili.

Questo è del resto un anno in cui, come è stato notato, sei mesi fa, dopo la crisi di alcune banche americane, si era arrivati a immaginare quattro tagli dei tassi entro fine 2023, salvo poi tornare in giugno a prezzare tre rialzi. Ora siamo di nuovo a quattro tagli, spostati però sul 2024.

A queste oscillazioni così forti delle aspettative ha corrisposto una realtà più equilibrata, fatta di una discesa dell’inflazione non perfettamente lineare ma evidente, di una crescita americana che da inizio anno non è mai scesa sotto il 2 per cento annualizzato, da una crescita europea molto debole ma non volatile e da una crescita cinese irregolare ma sempre di segno positivo.

Sulla base di variabili reali più calme di quello che si è spesso immaginato, i mercati hanno però deciso di buttarsi periodicamente tutti da una parte o tutti dall’altra sulla base delle variazioni complessivamente contenute nel flusso di dati disponibili. Hanno cioè continuato a essere iperreattivi, immaginando crisi finanziarie, strette del credito, recessioni e pivot delle banche centrali quando la realtà offriva spunti negativi anche solo di breve durata oppure, al contrario, sognando una crescita accelerata e senza inflazione trainata dall’Intelligenza Artificiale oppure ancora, in altri momenti, temendo strette monetarie senza fine per effetto dell’inflazione persistente creata dalle politiche fiscali espansive.

Riflettere su questo scarto tra realtà sottostante da una parte e iperreattività dei mercati dall’altra è importante per tentare di capire non solo il 2023, ma anche, verosimilmente, il 2024 che ci attende dietro l’angolo. Nulla, realisticamente, fa infatti pensare che l’anno prossimo possa essere radicalmente diverso dal 2023.

Cominciando dal quadro geopolitico, l’evidente volontà di circoscrivere i conflitti e di mantenere un livello elevato di scambi commerciali nonostante l’inasprimento delle sanzioni sono state le caratteristiche del 2023 e tutto fa pensare, come scenario di base, che continuino a esserlo nel 2024, un anno elettorale in America, Europa e Regno Unito.

Passando al tema della crescita globale, a confondere i mercati è stata, almeno fino a pochi mesi fa, la dichiarata volontà delle banche centrali di combattere l’inflazione anche a costo di provocare una recessione. È raro che le banche centrali parlino in questo modo. Le loro previsioni ufficiali non includono mai il segno negativo, anche quando questo poi si verifica. A posteriori possiamo dire che dichiarare possibile una recessione è stato, da parte delle banche centrali, un espediente retorico volto a raffreddare un’economia americana surriscaldata e ad abbassare le aspettative di inflazione.

In realtà, sempre a posteriori, possiamo dire che l’obiettivo è sempre stato quello di raffreddare, ma non di spegnere. Nulla fa d’altra parte pensare che questo obiettivo possa cambiare l’anno prossimo, un anno, ripetiamo, elettorale.

Anche l’inflazione rimarrà sui livelli attuali, Da una parte sarà mantenuta (di poco) sopra il 2 per cento dalla crescita globale e dalle politiche fiscali. Dall’altra sarà frenata dalle politiche monetarie e dalla ripresa dell’offerta di prodotti e servizi che sta caratterizzando questa fase.

Su questo apriamo una parentesi. Nelle ultime settimane abbiamo visto riproposta in modo insistente una storiografia dell’inflazione del 2021-2022 che attribuisce tutte le colpe alle strozzature dell’offerta provocate dalla pandemia, negando errori sul piano delle politiche di stimolo alla domanda. Continuiamo a pensare che questa ricostruzione sia autoassolutoria, anche perché i paesi che non hanno adottato misure di stimolo aggressivo l’inflazione non l’hanno proprio vista. È però vero che molti governi occidentali hanno fatto ricorso nell’ultimo anno e mezzo a politiche di sostegno all’offerta anche se queste erano in contrasto con alcune priorità politiche ufficialmente dichiarate. Si pensi ad esempio alla spinta a produrre più fossili che abbiamo visto in America con il petrolio e il gas o in Germania con gli aumentati investimenti sul carbone. Questo atteggiamento pragmatico continuerà a prevalere anche l’anno prossimo e contribuirà a mantenere sotto controllo il prezzo dell’energia e, di riflesso, l’inflazione.

Con una crescita stabile dell’economia, le banche centrali, in particolare la Fed, potranno permettersi il lusso di mantenere alta la guardia sull’inflazione e di non abbassare i tassi nella prima metà del 2024, tagliando nella seconda metà due volte in Europa e una o due in America.

Da questo lato i mercati obbligazionari, che oggi scontano tagli più aggressivi, rimarranno forse delusi ma non ritracceranno. Dovranno semplicemente pazientare qualche mese. In compenso i mercati azionari saranno confortati dall’assenza di una recessione e da una ripresa moderata dei profitti.

Un altro fattore di continuità sarà probabilmente la centralità dell’Intelligenza Artificiale nel dibattito dei mercati. Le ultime vicende hanno fatto emergere la possibilità di un passaggio più veloce del previsto dall’intelligenza generativa all’intelligenza generale (AGI), ovvero alla capacità di ragionare e di contestualizzare. Molte energie sono ora spese ad allineare (ovvero a frenare) questo sviluppo altrimenti dirompente. Novità emergono continuamente anche sul fronte dei semiconduttori di grande potenza, sui quali il campo dei produttori è destinato ad allargarsi. La Cina, dal canto suo, sta investendo massicciamente in tutta la filiera dell’AI. Come per quest’anno, speranze e battute d’arresto in questo settore così strategico si susseguiranno e alimenteranno rialzi di borsa e correzioni.

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