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a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

DEMOS

Sans-culottes e cyberpunk a Wall Street

Nel tardo Cretaceo, quando la terra era più giovane di 75 milioni di anni, nelle foreste equatoriali che ne coprivano ogni centimetro quadrato grazie all’anidride carbonica elevatissima e ai dieci gradi in più rispetto a oggi, una nuova specie di sauri popolò il pianeta per 4 milioni di anni prima di soccombere nella grande estinzione che mise fine al Mesozoico. Erano i velociraptor, resi popolari da Crichton nella saga di Jurassic Park.

Nel tardo Cretaceo, quando la terra era più giovane di 75 milioni di anni, nelle foreste equatoriali che ne coprivano ogni centimetro quadrato grazie all’anidride carbonica elevatissima e ai dieci gradi in più rispetto a oggi, una nuova specie di sauri popolò il pianeta per 4 milioni di anni prima di soccombere nella grande estinzione che mise fine al Mesozoico. Erano i velociraptor, resi popolari da Crichton nella saga di Jurassic Park.

Rispetto all’aristocrazia dei grandi sauri, rappresentata plasticamente dal terrorizzante Tyrannosaurus Rex, erano dei parvenus. Erano grandi come tacchini, ma erano tostissimi, fulminei ed estremamente aggressivi. Avevano un grande artiglio sulle zampe con il quale squartavano facilmente le prede. I loro punti di forza erano un’intelligenza notevole e una forma di linguaggio che permetteva di organizzare azioni di gruppo coordinate. I resti di un velociraptor avvinghiato in una mischia, per entrambi fatale, con un protoceratops dieci volte più grande di lui sono giunti fino a noi.

La capacità di comunicare, la velocità e l’aggressività sono alcuni dei tratti caratteristici dei velociraptor che stanno invadendo porzioni ancora minoritarie ma crescenti dell’azionario americano, fino a ieri hortus conclusus oligarchico delle grandi balene dell’asset management e degli squali predatori dei fondi hedge. Entrambi abituati a nutrirsi del plancton costituito dagli investitori individuali, oggi se li ritrovano contro, organizzati, in scontri da cui escono perdenti.

I velociraptor hanno iniziato in sordina l’anno scorso, rinverdendo lo spirito del 1999, quando si speculava sui titoli Internet. Hanno investito ciascuno qualche centinaio o migliaio di dollari sui temi caldi del momento, comunicando al mondo via Reddit quello che stavano facendo e creando sciami fluidi e informali di nanoparticelle finanziarie (un’altra idea del visionario Crichton) che si muovono oggi in un luogo e domani in un altro.

Più alfabetizzati rispetto a vent’anni prima e rinforzati tecnicamente da ex trader professionali costretti a casa dalle grandi ristrutturazioni bancarie del decennio passato, i velociraptor comprano quasi esclusivamente opzioni call, in modo da massimizzare l’effetto dei loro scarsi dollari e, soprattutto, da costringere a ricoprirsi affannosamente gli istituzionali che queste call le vendono scoperte. In questo modo i titoli salgono fuori da ogni logica classica, ma l’anarchismo metodologico (l’infischiarsene di tutte le metriche di valutazione senza nemmeno tentare di crearne di nuove come si faceva ai tempi di Internet) è un punto di orgoglio di questo movimento (3.5 milioni di persone solo su Reddit).

La correzione di settembre doveva avere tra i suoi obiettivi l’eliminazione di questi scomodi nuovi soggetti, che già allora avevano costretto a ricoperture costose alcune grandi istituzioni. Per qualche tempo, in effetti, lo sciame sembrava essersi disperso, ma la politica monetaria ultraespansiva, i vari assegni arrivati in casa di ogni americano per Covid (cui si aggiungeranno i 1400 dollari pro capite del pacchetto in discussione in Congresso) hanno ricreato quasi subito le condizioni per una ripresa dell’attività, questa volta mirata esplicitamente a fare saltare i fondi ribassisti.

Chi sono questi nuovi soggetti? La carica di rabbia contro il mandarinato della finanza li fa assomigliare agli Enragés sanculotti del 1793 e dà loro una connotazione sociale da rivolta del demos contro l’oligarchia. L’uso di tecnologie finanziarie e la tattica dello sciame li avvicina culturalmente al mondo del cyberpunk antiautoritario.

Si tratta comunque di un fenomeno che è e resterà esclusivamente americano, perché è presente solo in America quell’anima jacksoniana fatta di individualismo libertario, ruvido spirito di autosufficienza e introversione gotica. Come scrisse David Hackett Fischer nel 1989 in un bel libro, Albion’s Seed, l’America nasce da quattro migrazioni parallele che portano nel Nuovo Mondo i contrasti feroci che dilaniavano l’Inghilterra del XVII secolo. Ci sono i puritani del New England con il loro senso di superiorità morale, i quaccheri mondialisti che svilupperanno la cultura commerciale e industriale, i Cavalieri del sud inglese che diventeranno il conservatorismo americano moderato e infine i contadini poveri del nord inglese e della Scozia che avranno in Andrew Jackson il loro presidente.

L’America jacksoniana ha sempre avuto contro le altre tre Americhe coalizzate tra loro e per questo non ha mai dominato a lungo la scena. Simbolicamente, Biden si appresta a eliminare il ritratto di Jackson dalla banconota da 20 dollari. I velociraptor verranno progressivamente infiltrati e indeboliti, i loro spazi di espressione sono già oggi sotto attacco. I media li descrivono come feccia, il New York Times li descrive come annoiati dal lockdown che cercano emozioni attaccandosi al portatile per fare trading.

I velociraptor hanno forse i giorni contati, ma il terreno che li ha creati rimarrà fertile per un altro anno. Powell ha ribadito che tenere in ordine il mercato non è la sua priorità in questo momento. L’America è del resto l’unica area del mondo che vuole davvero reflazionare. L’Europa cerca solo di stare a galla e l’Asia pensa a crescere.

La reflazione, si sa, può avere effetti collaterali. Uno di questi, in borsa, è che su ribasso si compra, non si vende. Anche questa volta.

In questi giorni non pochi commentatori usano l’esuberanza degli investitori individuali per esprimere l’idea di un grande disordine speculativo e di un mercato fragile e sempre più volatile che va evitato. Si ingigantisce un fenomeno che tocca un decimo del mercato per gettare ombra sull’intero. Certo, una fase di consolidamento è doverosa in un momento delicato della pandemia e di incertezza sui vaccini, ma un’inversione di tendenza richiede ben altre condizioni.

La cosa all’orizzonte che gli investitori devono temere di più nei prossimi 12- 18 mesi è l’annuncio del tapering (la diminuzione degli acquisti di titoli) da parte della Fed. Memore della volatilità creata nel 2013 in una circostanza analoga, la Fed cercherà di realizzarlo nel modo più graduale e lento possibile, ma un ribasso anche rilevante dei corsi, per qualche settimana, sarà allora inevitabile. Non fasciamoci la testa però prima del tempo. Il tapering non ci sarà prima della fine dell’anno e, se ci sarà, vorrà dire che la pandemia sarà sotto controllo e che la ripresa sarà così forte da potere cominciare a camminare con meno sostegni esterni.

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