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a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

IL TRANVIERE E IL CHIRURGO

Scelte difficili e scelte obbligate

State conducendo un tram lungo le ripide colline di San Francisco. Inizia una discesa e vi accorgete che i freni non funzionano più. Giù in basso, all’incrocio, le rotaie si biforcano. Su un lato, quello verso il quale siete diretti, stanno lavorando cinque operai. Sull’altro un passante sta attraversando la strada. Notate che il radiocomando che aziona lo scambio funziona ancora. Se non fate nulla e scendete lungo il percorso già impostato ucciderete i cinque operai. Nessuno vi farà causa e nessuno vi loderà. Se invece azionate il radiocomando e fate scattare lo scambio travolgerete solo il passante, risparmiando la vita agli altri cinque. Ci sarà un’inchiesta (avete deliberatamente troncato una vita), ma alla fine verrete scagionato e lodato per la difficile scelta. L’opinione pubblica sarà tutta dalla vostra parte.

State conducendo un tram lungo le ripide colline di San Francisco. Inizia una discesa e vi accorgete che i freni non funzionano più. Giù in basso, all’incrocio, le rotaie si biforcano. Su un lato, quello verso il quale siete diretti, stanno lavorando cinque operai. Sull’altro un passante sta attraversando la strada. Notate che il radiocomando che aziona lo scambio funziona ancora. Se non fate nulla e scendete lungo il percorso già impostato ucciderete i cinque operai. Nessuno vi farà causa e nessuno vi loderà. Se invece azionate il radiocomando e fate scattare lo scambio travolgerete solo il passante, risparmiando la vita agli altri cinque. Ci sarà un’inchiesta (avete deliberatamente troncato una vita), ma alla fine verrete scagionato e lodato per la difficile scelta. L’opinione pubblica sarà tutta dalla vostra parte.

Ora siete invece un chirurgo del pronto soccorso. Una notte vi arrivano cinque giovani pazienti che hanno avuto un terribile incidente. Hanno bisogno urgente di organi o moriranno, ma di organi disponibili non ce ne sono. Non sapete cosa fare e mentre passeggiate nervosamente in corridoio pensando a una soluzione vedete un vecchio macilento alla macchina del caffè. Vi viene una strana idea. Chiamate il vecchio in ambulatorio e gli praticate un’iniezione letale. Poi espiantate i suoi organi e salvate così i cinque giovani. Andrete in prigione qualche anno e sarete radiato dall’ordine, anche se avete sacrificato una vita per salvarne cinque esattamente come il tranviere.

Il Problema del Tram fu proposto mezzo secolo fa da Philippa Foot e da allora viene studiato e discusso in tutti i corsi di filosofia morale nel mondo anglosassone. Già complesso, può essere arricchito di varianti (che faccio se tra i cinque operai o tra i cinque giovani c’è Hitler? Che faccio se è il vecchio a chiedermi di essere sacrificato? ecc.).

Casi di scuola, si dirà. Non è però un caso di scuola, ma un fatto di tutti i giorni, il nostro accettare abbastanza tranquillamente che ci siano ogni anno innumerevoli vittime di incidenti stradali senza che per questo ci si senta in obbligo di vietare le automobili. Perché allora essere così rigorosi con un virus e pagare un prezzo così alto per tentare (senza esserne sicuri) di contenerne le vittime?

Il Covid-19 pone tutti di fronte a scelte difficili. Non ci riferiamo solo a quella di chi salvare (primo arrivato-primo salvato oppure salvataggio dei più giovani) ma a quella più generale tra il salvataggio di un certo numero di malati effettivi o potenziali da una parte e la creazione di un certo numero di vittime della recessione (disoccupati, imprenditori falliti, vittime di bail-in bancari e di ristrutturazioni del debito) dall’altra.

Mentre le società confuciane (Cina, Corea, Singapore) contengono e sconfiggono il virus con un insieme di controllo sociale, tecnologia e sperimentazione medica spregiudicata, le società occidentali (esclusa l’Italia) sembrano avere adottato, almeno inizialmente, un mix di primato del Pil e di rassegnazione un po’ stoica e un po’ cinica. Come nel 1957 (due milioni di morti da influenza) e nel 1968-69 (un milione) si continua a lavorare come prima (tranne ovviamente i malati conclamati) e si conta sul fatto che prima o poi svilupperemo gli anticorpi. L’avanzare dell’epidemia mostra però che sarà difficile non indurire gradualmente la risposta, perché l’opinione pubblica è più emotiva di mezzo secolo fa e può accettare solo fino a un certo punto che il virus sia considerato un male con cui convivere (come facciamo ad esempio con la tubercolosi).

Questo significa che il lockdown italiano, alla fine, verrà adottato in tutto l’Occidente, anche se in forma attenuata in Europa e UK e a chiazze negli Stati Uniti, dove molte competenze sanitarie sono a livello locale. A sua volta questo comporta la quasi certezza di una recessione di due trimestri in Europa e di un azzeramento della crescita, se non di una recessione, negli Stati Uniti.

La conseguenza è che, se non si vuole un nuovo 2008, bisogna azionare rapidamente le leve monetarie e fiscali con coraggio e fantasia. La Cina ha fatto la sua parte, con un pacchetto fiscale mirato e con la difesa della stabilità del cambio e della borsa. In Europa la Commissione, persa dietro i suoi sogni barocchi sui cambiamenti climatici, pensa di spegnere l’incendio che sta divampando con un bicchiere d’acqua da 25 miliardi. Vogliamo credere che sia solo un piccolissimo inizio e che molto altro verrà. Speriamo. A livello nazionale, la Germania, dopo sette ore di dibattito sofferto in seno alla coalizione di governo, vara un pacchetto fiscale dello 0.1 del Pil a decorrere dal 2021. Uno scherzo.

La Bce raccoglie almeno la sfida e, pur con l’evidente freno a mano tedesco tirato e le infelici dichiarazioni della Lagarde sullo spread dei Btp, produce qualcosa di meno di un bazooka ma molto di più di una pistola ad acqua. Il mancato taglio dei tassi ufficiali è irrilevante (lo si consegue per altra via e con più efficacia attraverso i tassi praticati alle banche) e il mercato ha fatto male a dargli molto peso. Il taglio consistente del buffer patrimoniale per le banche non farà i titoli dei giornali ma è importante. Il Tltro era scontato ma comunque c’è. Delude il Qe (evidente qui l’opposizione tedesca) che aumenta di soli 12 miliardi al mese e arriva a 32. Era di 80 in tempi molto più tranquilli. Lo si sarebbe potuto aumentare di molto di più, estendendolo all’azionario. Probabilmente ci si è voluti mantenere qualche arma di riserva.

Come si vede, tutto il peso ricade come sempre sull’America, finora deludente sul piano delle politiche sanitarie e incapace di trovare un compromesso fiscale alla vigilia delle elezioni. La Fed dovrà fare tutto da sola e, scelta a questo punto obbligata, porterà i tassi verso zero già a partire dalla settimana prossima, amplierà il cosiddetto non-Qe sui repo che stava per dismettere e reintrodurrà, un po’ più avanti, il Qe classico.

Basterà tutto questo a contenere la recessione, la caduta dell’azionario e gli emergenti problemi di liquidità sui bond? No, però potrà mitigare in modo non trascurabile i problemi che si stanno aprendo su vari fronti.

La caduta vertiginosa delle borse ha elementi di panico ed elementi tecnici (riscatti, margin call, VaR alle stelle che costringe a ridurre comunque le posizioni). Gli uni e gli altri a un certo punto si ridimensioneranno. Ci sarà anche qualche rimbalzo importante se la Fed riuscirà a sorprenderci nei prossimi giorni. Quando la bufera sarà passata avremo un bear market più freddo e lento ancora per qualche settimana, fino a quando non arriverà almeno qualche notizia positiva sull’epidemia. A parte situazioni particolari, colpite da liquidazioni tecniche in questi giorni, per acquisti strategici converrà ancora aspettare.

La buona notizia, come hanno sottolineato osservatori come Potts e Kaletsky, è che la natura artificiale dei mercati in questa (e ancor più nella prossima) fase storica, dovrebbe fare sì che non si scenda a profondità abissali e che ci sia spazio, più avanti, per riprendere una buona parte del terreno perduto.

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