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a cura di Alessandro Fugnoli, Strategist

TRA EUFORIZZANTI E SONNIFERI

La questione decisiva dell’orizzonte temporale

La battuta più bella e feroce l’ha fatta Stephanie Kelton. La Fed continuerà ad alzare i tassi finché il morale non migliora. La Kelton è una delle massime autorità della Modern Monetary Theory, sostiene che l’inflazione è già finita e che la banca centrale, alzando i tassi, riuscirà solo a uccidere l’economia.

La battuta più bella e feroce l’ha fatta Stephanie Kelton. La Fed continuerà ad alzare i tassi finché il morale non migliora. La Kelton è una delle massime autorità della Modern Monetary Theory, sostiene che l’inflazione è già finita e che la banca centrale, alzando i tassi, riuscirà solo a uccidere l’economia.

Go Big, facciamo le cose in grande, fu l’indicazione di Biden quando si trattò di sostenere economia e borse nel 2020. Go Big, ripeté la Yellen ai governi e alle banche centrali europee. Si fecero le cose così in grande che ora, per disintossicarci dagli euforizzanti di cui siamo riempiti, abbiamo deciso di fare di nuovo le cose in grande nella direzione opposta. E così tutti i freni disponibili sono in azione. Il livello del tasso terminale viene alzato continuamente, il Quantitative tightening toglie dalla circolazione 90 miliardi di liquidità ogni mese e il dollaro forte manda in crisi i paesi emergenti.

Non è molto chiaro, a questo punto, se le politiche economiche di Stati Uniti ed Europa siano disegnate per portare stabilità al sistema o se invece non lo stiano destabilizzando strutturalmente. In giro per il mondo ci sono molti esempi di paesi che in questi due anni si sono agitati di meno e hanno evitato l’inflazione senza per questo vedere esplodere la disoccupazione.

In ogni caso la dose di euforizzanti che abbiamo assunto nel 2020 e nel 2021 è tale che il Pil americano nel terzo e nel quarto trimestre riaccelererà, restando positivo anche nei primi mesi dell’anno prossimo nonostante tassi che potranno arrivare al 4.5 per cento. Una Fed con l’elmetto non avrà quindi remore nel proseguire a testa bassa sulla sua linea restrittiva.

Si tenga anche presente che subito dopo le elezioni dell’8 novembre cesseranno le vendite di scorte strategiche di petrolio americano, che hanno dato un grosso contributo a farne scendere il prezzo. Le scorte, accumulate nei quarant’anni passati, saranno a quel punto quasi azzerate in un contesto geopolitico globale tutt’altro che tranquillo e dovranno quindi essere ricostituite. Un recupero del prezzo del greggio, a quel punto, non sarà certo da escludere.

Muoversi nei mercati in questo flusso incrociato di euforizzanti e sonniferi diventa ora davvero complicato. Bombardati di pillole di tutti i tipi, mercati ed economie possono reagire in modo imprevedibile al ternando nervosismo e calma apparente, tenendo per qualche tempo ancora (con perfino qualche guizzo di vitalità) e poi cadendo all’improvviso in recessione. E che la situazione sia confusa lo dimostrano anche le reazioni dei mercati ai dati economici. Queste reazioni sono ancora prevedibili quando si tratta di inflazione ma non lo sono più quando si tratta di crescita e mercato del lavoro. In pratica il mercato non sa più se augurarsi dati buoni o dati negativi e reagisce ogni volta in modo diverso, più sulla base del positioning del momento che del merito del dato.

Ecco allora che diventa importante darsi un orizzonte temporale negli investimenti e cercare di essere disciplinati. Se l’orizzonte è a 12 mesi, settembre 2023, da qui in avanti i rialzi sono da vendere. Fra 12 mesi infatti, l’America sarà molto probabilmente in recessione e la Fed non avrà ancora iniziato a tagliare i tassi (se non nel caso in cui la recessione sia particolarmente seria).

Se invece l’orizzonte è a 24 mesi sono da comprare (con calma) i ribassi. Nel settembre 2024, con l’inflazione ridimensionata, l’economia in ripresa e le presidenziali americane imminenti, borse e bond saranno infatti più in alto di dove si trovano adesso.

Questi schemi operativi vanno poi immersi in un bagno di prudenza. Le esogene geopolitiche possono infatti scombinare tutto. Purtroppo, mentre è sempre possibile pensare a un complicarsi dei conflitti, è molto difficile pensare a una pace che comporti un’immediata sospensione delle sanzioni.

Prevedere il breve termine, in questo contesto, è più difficile che guardare a 12 o a 24 mesi. I fattori meteorologi ci avranno una rilevanza alla quale i mercati sono poco abituati. Un inverno particolarmente rigido o mite sposterà il prezzo globale dell’energia, l’inflazione e la reazione delle banche centrali. Eventuali blackout (che nei prossimi anni saranno sempre più frequenti man mano crescerà il peso delle energie rinnovabili) potranno avere ripercussioni sul Pil. Il Covid, che solo la Cina continua a prendere sul serio, ci abbandonerà per sempre o ritornerà in qualche nuova variante?

Per il momento conviene ancora mantenere il livello di 4000 sull’SP 500 come perno intorno al quale ruotare da qui a fine anno. Chi sceglie di operare sul breve dovrà prestare molta attenzione al posizionamento del mercato ed evitare di assumere troppi rischi, perché i reversal, in un quadro così confuso, saranno frequenti e significativi. Sarà quindi molto meglio, ripetiamo, avere un’impostazione strategica e guardare a 12 o 24 mesi.

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